In Italia ci sono oltre 5 milioni di caregiver familiari (un adulto su sette). La motivazione non è sempre economica (59%) ma anche culturale (32%): le famiglie preferiscono non affidarsi a persone esterne per la cura dei propri cari non autosufficienti. La conseguenza è che i caregiver non professionali sono così numerosi da aver meritato l’attenzione del legislatore: dal 2017 hanno diritto all’APE Social e alla pensione anticipata precoci, inoltre la Legge di Bilancio 2018 ha previsto specifiche risorse da destinare a misure di sostegno a chi assiste parenti con handicap grave. In arrivo c’è anche uno specifica legge.
I dati aggiornati sono forniti da un’indagine Fipac Confesercenti, secondo cui il 16% delle famiglie si rivolge a un/una badante, il 5% a strutture pubbliche e il 4% a quelle private. Dunque, il 90% delle famiglie preferisce assicurare al parente un’assistenza di tipo domestico, indipendentemente dalla disponibilità economica. Chi può permettersi di pagare si rivolge a personale specializzato, chi deve risparmiare ai caregiver familiari. La preferenza per l’assistenza domestica è confermata dai dati sulle ore di assistenza necessarie, che in un caso su tre sono 18 al giorno.
Sergio Ferrari, presidente di Fipac, ritiene che la situazione richieda maggiore sostegno da parte della politica, ad esempio con forme di deducibilità fiscale per assumere lavoratori domestici.
L’offerta di un vantaggio fiscale apprezzabile potrebbe indurre 350-400 mila famiglie a regolarizzare rapporti sommersi, con notevoli benefici anche in termini occupazionali. Abbiamo esempi virtuosi di questo tipo di politiche sociali in paesi europei come Francia e Germania: potremmo prenderne spunto e organizzare una coalizione di forze a sostegno di proposte che possono essere messe a punto tra chi è interessato.