Si è pronunciata sul tema del licenziamento e della valutazione della giusta causa la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9339/2018.
Valutazione giusta causa
Nel dettaglio i giudici supremi hanno affermato che, in tema di valutazione della giusta causa e del conseguente licenziamento, non è sufficiente valutare la fattispecie astratta determinata dalla contrattazione collettiva, ma è necessario valutare il comportamento inadempiente del dipendente tenendo presenti gli aspetti oggettivi e soggettivi in cui è maturato.
Responsabilità del datore
Questo significa che a dover essere valutati non sono solo i comportamenti del dipendente, ma anche quello del datore di lavoro.
In particolare il datore di lavoro deve essere valutato per comprendere se egli stesso abbia una parte di responsabilità relativa all’inadempimento contestato, sulla base dei principi di correttezza e buona fede.
Con riferimento agli specifico caso esaminato dai giudici, l’assenza ingiustificata superiore a 3 giorni era stata preceduta da una richiesta di ferie per gravi ed improrogabili esigenze familiari, ovvero per poter assistere il padre gravemente malato, poi deceduto durante il periodo nel quale il lavoratore si era assentato nonostante l’azienda non avesse confermato l’approvazione delle ferie.
Al termine dei tre giorni, senza effettuare prima alcun richiamo, il datore di lavoro ha intimato al lavoratore il licenziamento per giusta causa per assenza ingiustificata. Il lavoratore presentava quindi ricorso, accolto in primo grado e poi respinto dalla Corte di Appello. La Corte di Cassazione ha nuovamente ribaltato il giudizio affermando che:
Il giudice di secondo grado ha emesso la propria decisione senza procedere alla valutazione della gravità del licenziamento in un necessario giudizio di comparazione delle reciproche condotte alla stregua dei canoni di correttezza e buona fede.