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Partite IVA, la crisi colpisce un autonomo su quattro

di Barbara Weisz

Pubblicato 17 Novembre 2014
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:38

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Piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, liberi professionisti, insomma il popolo delle Partite IVA: sono loro i più colpiti dalla crisi secondo le elaborazioni della Cgia di Mestre. Nel 2013, una famiglia su quattro, fra quelle con reddito da lavoro autonomo, è andata sotto la soglia di povertà calcolata dall’Istat in 9.456 euro annui. Non è che siano messi molto meglio i pensionati, che scendono sotto questa soglia nel 20%, mentre fra i lavoratori dipendenti la percentuale si ferma al 14%.

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Anche in termini di occupazione le partite IVA hanno sofferto di più la crisi: dal 2008 al primo semestre 2014, piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti, insomma lavoratori autonomi che hanno chiuso l’attività sono stati 348.400, con una contrazione del 6,3%. Fra i dipendenti, nello stesso periodo, sono stati persi il 3,8% di posti di lavoro.

Conclusione: «è sempre più evidente a tutti che la precarietà nel mondo del lavoro si annida soprattutto tra il popolo delle partite IVA», sottolinea Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, che chiede misure più robuste a sostegno della categoria in Legge di Stabilità. La manovra «prevede pochissime misure a sostegno di questi lavoratori», incalza Bortolussi, critico anche verso alcune delle norme che in manovra ci sono. Il nuovo Regime dei Minimi «presenta ancora molti punti oscuri, il taglio dell’IRAP non interesserà le attività che non hanno dipendenti, mentre sembra ormai sfumata l’ipotesi di estendere anche agli autonomi il bonus degli 80 euro».

Tornando agli effetti della crisi sul lavoro a partita IVA, dal 2008 al 2013 ha perso circa 2800 euro di reddito annuo, con una contrazione del 6,9%. Il reddito da lavoro dipendente invece è rimasto sostanzialmente invariato, mentre le pensioni hanno guadagnato 1300 euro, + 6,1%.

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La distribuzione territoriale vede la crisi colpire le partite IVA soprattutto al Sud, che segna quasi un -10% (soprattutto in Calabria, Sardegna e Campania), segue il Nord Ovest, -7,8%, mentre la contrazione è più contenuta al Nord Est, -4,3%, e al Centro, -1,3%). Gli stimoli al lavoro autonomo secondo la Cgia di Mestre sono prioritari in un momento che vede tante chiusure, anche perché «a differenza dei lavoratori dipendenti – fa notare Bortolussi – quando un autonomo chiude definitivamente bottega non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito», e può non essere facile trovarne un altro lavoro, «spesso l’età non più giovanissima e le difficoltà del momento costituiscono una barriera invalicabile al reinserimento, spingendo queste persone verso forme di lavoro completamente in nero».