Sono i furti commessi dagli impiegati e dagli operati le ipotesi di frodi in azienda più diffuse in ambito italiano. A sostenerlo è una recente analisi compiuta da dall’osservatorio di Axerta, una società specializzata nelle investigazioni societarie, finanziarie e digitali, secondo cui ben il 42% dei casi di frode sarebbe proprio riconducibile all’appropriazione indebita da parte dei dipendenti.
Non solo: se al 42% di cui sopra si aggiunge un ulteriore 21% – relativo ai furti ad opera di manager e direttori – si arriva complessivamente al 63% di ipotesi di frode riconducibile alle appropriazioni indebite. Per quanto invece attiene la quota rimanente, pari al 37%, in buona parte sembrerebbe essere attribuibile al fenomeno delle “commesse pilotate” (14%) e delle violazioni commesse dai dirigenti delle branch estere (11%).
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Tuttavia, il fenomeno più nocivo per lo stato patrimoniale aziendale – sebbene, in evidenza, non il più diffuso – è relativo al passaggio di informazioni alla concorrenza (12%): una cattiva abitudine che, soprattutto nel comparto farmaceutico, in quello della progettazione meccanica e in quello assicurativo, è in grado di produrre delle conseguenze estremamente pregiudizievoli. In termini di danni prodotti, quasi altrettanto rilevante è l’elemento nocivo riconducibile alle violazioni commesse dai dirigenti nelle branch estere.
Insomma, i furti sono ben più numerosi ma, complessivamente, meno dannosi di una “spia” interna.