Sembra che i lavoratori autonomi possessori di Partita Iva debbano essere relegati al ruolo di “figli di un Dio minore”. In vista dell’approvazione del Jobs Act relativo al lavoro autonomo non imprenditoriale, si intravedono infatti ostacoli alle aspettative di liberalizzazione del mercato.
Nella prima versione del testo di legge erano presenti elementi di progresso, soprattutto nel’ambito circoscritto al miglioramento del sistema competitivo dell’universo professionale italiano. Come ha ricordato Emiliana Alessandrucci, presidente del C.O.L.A.P. quando afferma:
“L’apertura del codice degli appalti ai professionisti è frutto di un lavoro intenso con il Ministero della Funzione Pubblica”.
Ma alla vigilia dall’approvazione definitiva, il testo presenta passaggi penalizzanti per i lavoratori autonomi, tra cui la norma nell’articolo 5 relativa al “ruolo sussidiario delle professioni ordinistiche” unito alla “rimessione di atti pubblici alle professioni ordinistiche”.
Nella pratica lavorativa significa affidare ai professionisti alcune mansioni svolte dalla funzione pubblica, per far crescere la domanda di servizi professionali e migliorare così la concorrenza tra pubblico e privato.
Il problema è che, molto probabilmente, questa liberalizzazione riguarderà soltanto i professionisti iscritti agli ordini professionali, ed escluderà gli altri professionisti che non sono iscritti. Un modo per favorire alcune categorie professionali a discapito di altre, allontanando anche l’opportunità di costruire un sistema competitivo più aperto e meritocratico.