Quella del mercato del lavoro è una guerra fatta di numeri. Da un lato i piccoli segnali positivi, quelli che si cerca di interpretare come l’inversione della tendenza recessiva che dal 2008 ha dilaniato il nostro Paese. Dall’altro una serie di indicatori che, se confrontanti con il 2007, ci riportano con i piedi per terra e ci ricordano che c’è ancora tanta strada da fare. E intanto i giovani scappano dall’Italia e chi non è in grado di farlo sogna di poter fuggire.
=> Posti di lavoro in Italia: la guerra dei numeri
Il dato terribile è che la crisi ha cancellato 657.000 posti di lavoro. E poco importa se per addolcire la pillola la stessa Istat fa presente che nel 2014 gli occupati sono stati in crescita di 88.000 unità. Il divario che c’è tra l’Italia ante crisi economica e quella che resta ai giorni nostri è enorme. Ad oggi si trovano 3,6 milioni di persone inattive. La conseguenza è l’assenza di fiducia. Bassa fiducia nelle Istituzioni e, stando anche alla diminuzione delle iscrizioni alle università, anche la fiducia nel sistema universitario comincia a cedere. Il risultato è la nascita di tre differenti paradossi:
- chi può fare, sta a guardare e resta inattivo;
- chi vuole fare, parte e abbandona l’Ialia;
- chi vorrebbe fare ma non può, sogna di abbandonare questo Paese.
E’ terribile ma è questo il quadro dell’Italia attuale. Basti pensare che nel 2014 sono stati oltre 90.000 gli italiani che hanno trasferito la loro residenza oltre confine, più della metà dei quali under 40. Si abbandonano città come Milano, Roma, Palermo e Napoli verso Paesi che possano offrire nuove aspettative: Regno Unito, Germania e Svizzera. Infine non mancano i sognatori: un neo laureato su due sogna di lasciare l’Italia. A dirlo è uno studio condotto su 1.000 laureandi negli atenei italiani di età compresa fra i 24 e i 28 anni. Solo il 33% di essi pensa, infatti, di poter trovare un posto in Italia mentre il 50% sogna di andare all’estero.