Una cosa è dare al dipendente il pc, uno smartphone o un tablet per utilizzo professionale, o anche personale, un’altra installare sul dispositivo software per consentire il controllo a distanza del lavoratore: la precisazione arriva dal ministero del Lavoro in risposta alle (molte) critiche, soprattutto da parte sindacale, arrivate dopo l’approvazione del decreto attuativo del Jobs Act sulle semplificazioni degli adempimenti, che contiene anche la nuova norma sul controllo a distanza dei dipendenti. Si tratta dell’articolo 23 del decreto, che riscrive l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori. Il punto è il seguente: nel caso di installazione di telecamere o altri strumenti che consentono il controllo del dipendente, sono necessarie particolari necessità (ad esempio, di sicurezza), e ci vuole un accordo sindacale, oppure un’autorizzazione della DTL, la direzione territoriale del lavoro.
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Per quanto riguarda invece “gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” e quelli “di registrazione degli accessi e delle presenze”, non sono necessarie procedure, il datore di lavoro non ha vincoli. E’ sull’intepretazione di questa parte della legge che si sofferma la spiegazione del ministero. Di fatto, la legge rischia di escludere limitazioni se il controllo a distanza avviene non attraverso una “tradizionale” telecamera ma, per esempio, utilizzando un software installato sul telefonino. Non è così, specifica il ministero: la norma ha semplicemente «l’obiettivo di fugare ogni dubbio sulla necessità del previo accordo sindacale anche per la consegna di tali strumenti». Più in particolare «l’accordo o l’autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che serve al lavoratore per adempiere la prestazione». Attenzione: se però lo strumento «viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall’ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da strumento che “serve” al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione. Con la conseguenza che queste “modifiche” possono avvenire solo alle condizioni ricordate sopra: la ricorrenza di particolari esigenze, l’accordo sindacale o l’autorizzazione».
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In pratica, per fornire un pc, un telefonino, o un tablet aziendale non servono le procedure che invece bisogna attivare, ad esempio, per installare una telecamera. Se però su questi dispositivi si installano software con specifiche funzioni di controllo, il discorso cambia. Altra precisazione: la norma comunque prevede l’obbligo per l’azienda di informare il dipendente dell’utilizzo che viene fatto dei dispositivi, e delle eventuali modalità di controllo. E probabilmente è questo il passaggio fondamentale: significa che se l’impresa non ha fornito alcuna spiegazione, non può effettuare nessun tipo di controllo, e men che meno utilizzare i dati che ne derivano (ad esempio, a fini disciplinari). Se invece l’impresa effettua le dovute comunicazioni, si rientra nel caso precedentemente esposto: se ci sono dispositivi di controllo, bisognerà passare attraverso l’accordo sindacale o il via libera delle Dtl, una procedura molto simile a quella già prevista dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori che viene riscritto.