I numeri continuano a dimostrarlo: per difendersi dalle contrazioni delle domande interne, diversificare i propri mercati di sbocco, allontanarsi da qualsiasi dipendenza commerciale e riuscire, nel contempo, a perseguire una sostenibile strada di crescita, la soluzione è “esportare“. Nonostante i lunghi anni di crisi (con il picco che, salvo sgradite sorprese, dovrebbe finalmente essere alle spalle), alcune piccole e medie imprese hanno navigato eroicamente il mare agitato delle difficoltà commerciali. E, tra quelle che continuavano a crescere nonostante le avversità, la quasi totalità era rappresentata da imprese che avevano continuato (o avevano iniziato) ad esportare. Ma è davvero la soluzione alle inopie commerciali?
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Ne abbiamo parlato con Gianni Paganelli, socio fondatore di EGO International Group, uno dei leader nazionali nel settore della consulenza all’esportazione e ai processi di internazionalizzazione.
Le PMI italiane hanno scoperto (o riscoperto) il piacere di esportare. Una spinta quasi “obbligata” dalla crisi locale, che è servita da motore propulsivo per l’apertura ai commerci internazionali. È questa l’impressione che avete avuto nell’ultimo quinquennio?
“Assolutamente sì, la vera forza intrinseca dell’Italia consiste nell’abilità di adattamento e versatilità reazionaria ad una situazione relativamente statica, che la crisi ha economicamente imposto. Nonostante le oscillazioni monetarie, il Made in Italy rimane indiscutibilmente sinonimo di un lavoro di qualità, stile, accuratezza nel dettaglio. Gli italiani sanno fare le cose bene e questo fattore all’estero è molto apprezzato. Certo, è inesatto pensare all’estero come un’ancora di salvezza o un Eldorado, quanto piuttosto leggerlo in chiave di concreta opportunità, che può rivelarsi vincente quando la sinergia tra cliente e committente rispecchia la qualità attesa. Esportare è direttamente proporzionale alla qualità aziendale e bontà di produzione. Più l’azienda è competitiva, più sicura è la riuscita all’estero.”
Molte PMI non aprono i propri confini ai mercati internazionali per timore di non essere sufficientemente pronte a gestire le relazioni estere. In tal senso il ricorso a un ufficio commerciale in outsourcing può essere la chiave vincente?
“Certamente l’esperienza nel campo dell’internazionalizzazione è un fattore estremamente rilevante, soprattutto perché ci si relaziona con culture, lingua, strategie economiche, richieste di mercato molto diverse dal Nostro Paese. Non è consigliabile lanciarsi senza paracadute da un aereo, tantomeno lo è lanciarsi sul mercato senza expertise. Assumere personale per creare un ufficio commerciale estero interno all’azienda è una soluzione molto valida, che tuttavia richiede tempo e investimento di denaro tradotto in spese aziendali fisse, sia per lo screening di reclutamento delle risorse professionali che si andranno ad assumere e mantenere che per la conoscenza del panorama commerciale estero. Ecco perché un Ufficio Commerciale Estero in outsourcing è l’ottima alternativa per chi semplicemente vuole creare opportunità commerciali maggiori, ma non desidera costi fissi ed ampliamento di personale: giovando di un forte know-how ed expertise già consolidati da anni, con un solo investimento iniziale l’azienda si avvale da subito di export manager qualificati, madrelingua con esperienza comprovata nel settore e soprattutto con un network commerciale consolidato.”
Quali sono i mercati e i settori su cui si converrebbe puntare nel prossimo biennio? C’è un “consiglio” che potete fornire a tutti i piccoli e medi imprenditori in lettura?
“Per quanto riguarda i mercati più vicini, l’Europa continuerà a garantire una stabile richiesta del Made in Italy. Regno Unito e Spagna stanno incrementando le opportunità di scambi commerciali, mentre la Germania rimane stabile. I settori “forti” continuano ad essere il Food per quanto riguarda le principali tipicità italiane, metalmeccanica e lavorazioni per interni/esterni. Il nostro consiglio per intraprendere una strada verso l’export è quello di affidarsi ad esperti del settore, percepire la scommessa dell’export come un’opportunità di crescita e sviluppo. In ultimo, per tutte le PMI: curate la qualità e la perseveranza prima di tutto. E sarà difficile che un’azienda, anche se piccola, non venga notata sul mercato.”