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Back reshoring, perché le aziende tornano in Italia

di Barbara Weisz

Pubblicato 16 Luglio 2014
Aggiornato 15 Giugno 2018 11:57

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Tornare a produrre in Italia: le aziende che avevamo delocalizzato all'estero stanno rientrando, il trend in una ricerca di UniCLUB MoRe Back-reshoring Research Group,

Il fenomeno si chiama back reshoring, è considerato un trend emergente che vede l’Italia ben posizionata nel mondo, anche perché riguarda in particolare l’industria manifatturiera, e iniziano a essere sempre più numerosi gli studi economici che lo indicano come una delle strategie da supportare per il rilancio del Made in Italy e dell’economia.

Letteralmente back reshoring significa tornare a localizzare in Italia, e i dati riguardano le aziende che avevamo delocalizzato all’estero e che ora stanno tornando a produrre in Italia. Il trend è fotografato da un ricerca di UniCLUB MoRe Back-reshoring Research Group, consorzio di ricerca formato dalle università di Catania, Bologna, Udine, l’Aquila e Modena-Reggio Emilia, e vede l’Italia al secondo posto nel mondo dopo gli Usa, davanti alla Germania. Ed è approfondito da uno studio di Anie-Confindustria (elettronica ed elettrotecnica), con un focus sulle motivazioni che spingono le aziende a tornare in Italia.

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E’ interessante confrontare i motivi per cui le aziende negli anni scorsi avevano spostato gli stabilimenti all’estero con quelli che, ora , le portano a compiere il tragitto inverso. I dati s rilevano dall’indagine Anie, effettuata su un campione di 107 aziende. Ebbene, i motivi considerati maggiormente rilevanti dalle imprese per delocalizzare erano stati la vicinanza al mercato finale (67,9%), il minor costo di produzione (61,5%), e il minor costo del lavoro (57,1%).

Seguono, ma molto meno gettonate, i regimi fiscali agevolati, la burocrazia più agile, la vicinanza alla fonte di produzione delle materie prime. Oggi invece decidono di riportare gli stabilimenti in Italia perché all’estero hanno meno controllo sulla qualità della produzione, considerano stretegica la vicinanza ai centri di ricerca e sviluppo italiani, si abbassano i costi logistici. Attenzione, le due motivazioni che seguono sono i costi della produzione e del lavoro, che evidentemente almeno in parte dei paesi in cui è stato scelto di localizzare tenendo conto dei diversi fattori non è più considerato un vantaggio.

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Il settore maggiormente interessato dal reshoring è l’abbigliamento, che di fatto vale il 43,5% del totale, seguito dai settori ANIE (elettronica ed elettrotecnica), al 18%. Sopra il 5% anche mobili e automotive, poco sotto le imprese meccaniche, biomediche, bellezza. Tornano soprattutto dalla Cina (che del resto è fra le principali destinazioni di chi delocalizza), o da altri paesi asiatici, e dall’Est Europa, in misura minore dal Sud America.

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Che cosa chiedono alla politica le aziende per favorire i piani di reshoring? In primis, ulteriori riduzioni del cuneo fiscale (28,8%), semplificazione burocratica (26,3%), detassazione degli utili reinvestiti in Ricerca e Sviluppo, 17,9%, energia meno costosa, 15,4%, maggior tutela per il prodotto italiano, 9,6%.