Un giovane su tre è disoccupato. Estendendo l'indagine e prendendo a riferimento l'intera popolazione il rapporto scende a uno su dieci. Ma si tratta comunque di dati allarmanti. Praticamente i peggiori dal 1992, anno di nascita delle serie storiche trimestrali elaborate dall'Istat. La colpa è del primo impiego che tarda ad arrivare. Questo vuol dire che la riforma Fornero è risultata inefficace? E’ ancora presto per dirlo poiché la riforma non ha ancora generato frutti. E’ comunque probabile che dalla prossima rilevazione tali dati potranno risultare in controtendenza.
Primo impiego che tarda ad arrivare e quando arriva è precario o discontinuo. E’ ciò che contribuisce ad innalzare il livello di disoccupazione dei giovani compresi tra i 15 e i 24 anni. Per non parlare, poi, del blocco dei pensionamenti che limita il turnover del personale nelle aziende. L'ultima rilevazione, quella del mese di maggio, diffusa recentemente dall'Istat ha toccato un nuovo livello record: 36,2%. Il più alto degli ultimi vent'anni.
In termini assoluti, nel mese di maggio in Italia i disoccupati hanno superato la quota di 2,5 milioni. Il dato risulta essere in calo dello 0,7% rispetto al mese precedente. Purtroppo, però, su base annua le persone in cerca di lavoro sono aumentate di 534.000 unità .
La sempre più stretta morsa della crisi spinge ancora gli inattivi e gli scoraggiati a darsi da fare e cercare un'occupazione. In un anno, infatti, quasi 600.000 inattivi, in prevalenza donne, sono tornati a cercare un impiego.
Certo, i dati di Spagna e Grecia sono risultati peggiori dei nostri, con la disoccupazione giovanile schizzata al 50%. Ma noi abbiamo fatto le riforme e un dato del genere non possiamo più permettercelo. L'obiettivo della riforma del lavoro, infatti, è anche quello di realizzare un mercato del lavoro dinamico, contribuire alla creazione di occupazione, favorire l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili. Pertanto se l'obiettivo del ministro Fornero è raggiunto, dalle prossime rilevazioni questi dati tenderanno a scendere.
Comunque vada è auspicabile che Governo, Regioni e parti sociali mettano l'occupazione al centro delle azioni di politica del lavoro e che si diano da fare per individuare soluzioni determinanti anche presentando, ove necessario, un piano straordinario.