Europa 2012, conti nel pallone: il pareggio spagnolo e il rigore greco

di Barbara Weisz

Pubblicato 13 Giugno 2012
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

logo PMI+ logo PMI+

Con un facile gioco di parole, si potrebbe dire che l’Europa è nel pallone da diversi punti di vista: uno letterale (sui campi da calcio con gli Europei 2012) e l’altro metaforico (sui mercati finanziari con la crisi dell’Euro, le elezioni greche e il salvataggio spagnolo). Non c’è solo la concomitanza dei tempi fra il Campionato europeo di calcio e gli appuntamenti di giugno dell’Europa economica: anche i risultati delle partite possono suggerire affascinanti parallelismi.

Nelle stesse ore a Bruxelles l’Europa ha votato un massiccio piano di aiuti al sistema bancario spagnolo (100 miliardi di euro) mentre a Danzica i campioni d’Europa e del mondo esordivano agli Europei di calcio 2012 con un pareggio con l’Italia.

Ora il pareggio della Spagna deve spostarsi dagli stadi ai bilanci, pubblici e delle banche, in crisi per la bolla immobiliare.

Quello delle Costruzioni non è stato l’unico settore in cui gli istituti di credito iberici si sono distinti per eccessiva allegria: c’è anche il calcio. Con i soldi delle banche il Real Madrid si è comprato Cristiano Ronaldo e Kakà  (prestito da oltre 70 milioni dall’allora Caixa de Madrid, oggi confluita in Bankia, appena nazionalizzata per evitare il crack); il Barcellona giusto il mese scorso, quello della nazionalizzazione di Bankia per intenderci (costata a Madrid 23 miliari di euro), chiedeva prestiti a un pool di banche per finanziarie la prossima campagna acquisti: chissà  perché, le banche hanno detto di no. Comunque, al momento il calcio spagnolo deve alle banche qualcosa come 5 miliardi di euro.

Si potrebbe rispondere: prestare soldi alle famiglie a basso reddito per comprarsi la casa come fecero le banche americane ai tempi della bolla dei subprime è rischioso, prestarli a gente come Messi (oltre 10 milioni all’anno) o Mourinho (che è sopra i 14 milioni all’anno) è tutta un’altra cosa.
Sarà , ma di fatto il risultato è lo stesso: il calcio spagnolo ovvero l’industria indebitata per cinque miliardi – fattura 1,8 miliardi l’anno (e giusto per dirla tutta spende di più, ovvero chiude in rosso). Insomma, non proprio un affare (oppure, per continuare con i giochi di parole, l’affare delle furie rosse?).

Il calcio è indebitato anche con lo stato in Spagna: un miliardo di tasse arretrate. Il governo ha recentemente firmato un accordo con le Liga de Fàºtbol Profesional perché dall’anno prossima almeno il 35% dei diritti tv vada al fisco, con il quale il calcio si è impegnato a rientrare entro il 2020.

Significa che a pagare gli stipendi di Messi e Cristiano Ronaldo concorrono tutti i contribuenti iberici. Anzi, visto che ora c’è anche il prestito europeo, trattasi di soldi ai quali contribuiamo un po’ tutti.

Forse i pensionati a cui è stata recentemente bloccata l’indicizzazione delle pensioni, nell’Italia che ha appena pareggiato 1-1 con la Spagna, saranno portati a pensare che il pallone, per quanto divertente ed emozionante, sta diventando un po’ troppo rotondo.

Per non parlare dei Greci, che oltre al danno subiscono anche la beffa: non bastava il rigore (in inglese, austerity) della Merkel, ci voleva pure quello, sbagliato (altrettanto sbagliato?) di Karagounis. Che dal dischetto si è fatto parare il tiro da un portiere che era appena entrato in campo, dopo l’espulsione del titolare, che si è beccato un cartellino rosso come i conti di Atene.
Portiere espulso esattamente come i partiti di Atene, non in grado di formare un nuovo governo dopo le elezioni di maggio. Si torna alle urne domenica 17 giugno, in una giornata che sarà  fondamentale per le sorti della moneta unica. Quel giorno, sui campi polacchi, i giochi saranno già  fatti perché l’ultima partita del girone, per la Grecia, è in calendario il giorno prima, 16 giugno (contro la Russia). Ma se i giocatori in campo si giocano la pur ambita coppa degli europei, nelle urne greche si gioca una buona parte del futuro della moneta unica, e dell’Europa.

Un’Europa per la quale il calendario di giugno vede l’appuntamento, fondamentale, con il vertice di fine mese (28-29 giugno): ci sarà  il super piano europeo? Sarà  solo un’indicazione di intenti per proseguire sulla strada dell’integrazione, che tutti indicano come unica soluzione ma al momento nessuno intraprende con nettezza, oppure ci saranno misure specifiche?

La parola a Bruxelles, nell’attesa della finale di Kiev (quella degli europei, il primo luglio).