Da un lato il Governo dà risalto al processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, dall’altra i cittadini lamentano continue difficoltà nel misurarsi con i servizi di e-Government: non è tanto un problema di digital divide quanto piuttosto un difetto d’impostazione.
Lo stesso Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale, ha definite “demenziali” molte pratiche digitali che solo in teoria vanno incontro all’utente. E sono d'accordo con lui parecchi esperti. Per capire dove si annida il problema basta fare un esempio: il nuovo servizio per il cambio di residenza online, che invece di concorrere al processo di semplificazione digitale innesca una trafila lunga ed iper-burocratica che richiede PEC, CIE e Firma elettronica.
Si parla addirittura di un flop delle prime fasi dell’Agenda Digitale.
Nonostante il testo della Circolare n.9/2012 (Cambio residenza in tempo reale) parli di semplificazione, in pratica impone di dotarsi di diversi strumenti informatici: dal 9 maggio i cittadini possono presentare le dichiarazioni anagrafiche (di residenza e trasferimento all’estero) senza recarsi in Comune, ma inviandole per posta, fax o email.
In quest’ultimo caso, bisogna sottoscrivere la dichiarazione con la firma digitale, essere identificati dal sistema informatico (ad esempio tramite la carta d’identità elettronica o la Carta Nazionale dei Servizi), inviare la dichiarazione dalla casella di posta elettronica certificata del dichiarante e trasmettere per posta elettronica ‘semplice’ copia della dichiarazione con firma autografa e del documento d’identità del dichiarante”.
Da cui appare evidente l'esigenza di possedere:
- casella di posta certificata (PEC),
- firma digitale,
- carta identità elettronica (CIE),
- e/o Carta Nazionale dei Servizi (CNS),
- casella email normale,
- scanner per la copia della dichiarazione autografa e del documento di identità del dichiarante.
Così ha commentato l’ex presidente CNIPA, Livio Zoffoli “Un vero esempio di interoperabilità e cooperazione tra strumenti innovativi e tradizionali!”.
Inutile dire che i più preferiranno la pratica tradizionale, recandosi presso gli uffici preposti.
Il fulcro del problema è che chi ha pensato alla digitalizzazione dei servizi per il cittadino è forse digiuno di “mentalità informatica” e non ha pensato di re-ingegnerizzare il processo, di ripensarlo in un'ottica digitale, ma si è limitato a tradurre in digitale la stessa trafila del processo analogico.
Sarebbe necessario formare i politici che pensano a tali servizi o affiancarli con tecnici che possano contribuire ad una reale rivoluzione culturale per traghettare la PA nel mondo digitale; ovviamente auspichiamo tutto ciò in tempi brevi, visto che i tempi istituzionali non sono adeguati alla veloce e immediata reattività digitale che il mondo informatico impone fin dai tempi del primo calcolatore ad opera di Charles Babbage.