Non sono una novità ma piuttosto una confortante conferma i dati emersi dalla seconda edizione di “Focus PMI“, osservatorio permanente sulle piccole e delle medie imprese italiane curato da LS Lexjus Sinacta (oltre 150 consulenti, avvocati e commercialisti) e istituto Guglielmo Tagliacarne (fondazione di Unioncamere): l’internazionalizzazione e il raggiungimento di nuovi mercati emergenti sono oggi determinanti fondamentali per le PMI che cercano una via d’uscita dalle difficoltà nazionali generate dalla crisi.
La ricerca si è sviluppata intorno al tema dell’internazionalizzazione delle attività delle piccole e medie imprese, una “sfida” ardua ma pressoché obbligata per quegli imprenditori in cerca di una svolta per il proprio fatturato.
L'analisi ha osservato nel tempo un campione di 600 aziende italiane, notando come l’internazionalizzazione sia in grado di garantire un rendimento migliore rispetto a quello medio, con fatturati stabili o addirittura in crescita nel biennio 2010-2011, contro un'evidente maggior fatica nel tenere il giro d'affari consolidato, da parte di quelle piccole imprese che hanno basato il proprio focus sul solo mercato interno.
Attenzione a non confondere l'internazionalizzazione con il solo export, visto e considerato che – più spesso che volentieri – la vera chiave del successo per le piccole e medie imprese all'estero è stata rappresentata altresì dalla generazione di un network commerciale, distributivo e produttivo, che possa spingere ulteriormente le efficienze e le competenze specifiche.
Quali sono i mercati ai quali le PMI italiane sembrano maggiormente affezionate? Come era intuibile, è ancora la Cina la meta attrattiva di buona parte degli impieghi delle imprese manifatturiere italiane, grazie a un minore costo delle materie prime e a una elevata flessibilità della forza lavoro, anche specializzata.