Pmi le più penalizzate in tempi di crisi

di Roberto Rais

Pubblicato 18 Aprile 2012
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

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La crisi economico finanziaria di lunga durata, abbattutasi sul vecchio Continente con maggior incisività , sta producendo duraturi effetti negativi su tutti i comparti del tessuto economico italiano. A risultare maggiormente penalizzate dalle difficoltà  locali e internazionali sembrano essere, tuttavia, proprio le piccole e medie imprese.
A confermarlo è stato un recente intervento condotto dalla Confindustria in Commissione Industria del Senato, secondo cui i prestiti alle imprese sarebbero diminuiti di 0,1 punti percentuali a gennaio dopo il -1% di dicembre, con una contrazione che in termini assoluti assume una più spiccata significatività : – 20 miliardi di euro di crediti.
Oltre alle minori erogazioni, il dato è interpretabile con un incremento del costo del credito: i tassi di interesse predisposti per le erogazioni sono cresciuti al 4,1% contro il 3,2% di giugno 2011, ma in termini di elargizioni alle piccole e medie imprese il dato risulta essere più penalizzate, con un livello medio del 5% a gennaio 2012, contro il 3,7% di giugno.
Ma non solo: se le ristrettezze creditizie e il maggior costo dei finanziamenti non bastasse a complicare la già  difficile situazione delle piccole imprese italiane, si aggiunga l'oramai cronico ritardo dei pagamenti da parte del settore pubblico e dello stesso B2B, con un'attesa media di 180 giorni per quanto concerne gli incassi da pubbliche amministrazioni, contro i 64 giorni della Francia e i 35 giorni della Germania. Per i pagamenti tra le imprese i tempi risultano invece allungati a 103 giorni, contro i 59 della Francia e i 37 della Germania.
Secondo Confindustria, inoltre, il credit crunch potrebbe proseguire anche nel corso dei prossimi mesi, nonostante lo spread abbia denotato segni di abbassamento, e nonostante gli sforzi compiuti dalla banca Centrale Europea per garantire l'adeguata redditività  al sistema bancario. Un rischio che genererebbe ulteriori influenze negative per quanto concerne l'economia della Penisola, con un deprezzamento di competitività  delle imprese italiane rispetto a quelle francesi, spagnole e tedesche.