Bamboccioni, falliti, sfigati e mammoni: sono i giovani di oggi, o almeno è quel che dice di loro la classe politica e dirigenziale di questo Paese. Vero è che ci sono giovani che aspettano che il posto fisso gli caschi dal cielo ma per fortuna c’è un’altra parte di giovani che fa da solidissimo contrappeso ed il posto non lo trova, ne precario né fisso.
Nel tentativo di individuare le cause che contribuiscono al fenomeno disoccupazione italiana, vorrei parlare di Irap poiché ritengo che, in qualche modo, condizioni profondamente il mondo del lavoro.
Personalmente ritengo sia un fattore che scoraggia gli imprenditori ad assumere e, peggio ancora, li incoraggia a delocalizzare la produzione all'estero. Quando parlo di delocalizzazione mi riferisco a quella insindacabile scelta imprenditoriale di privilegiare la manodopera estera al posto di quella italiana. Ebbene, quel fattore potrebbe essere rappresentato dall'Irap.
L'Imposta Regionale sulle Attività Produttive ha la caratteristica di rendere indeducibile dal reddito il costo del lavoro dipendente. Questo vuol dire che gli stipendi riconosciuti ai propri lavoratori dipendenti non possono abbattere la base imponibile.
Esemplificando, a parità di ricavi pagherebbe di più un'azienda che ha maggiori costi per il personale rispetto a quella che non ha lavoratori dipendenti o che li ha delocalizzati in altri Paesi.
In sostanza, maggiori saranno gli oneri ai fini Irap, più alta sarà la propensione degli imprenditori a delocalizzare la produzione all'estero o ad acquistare la manodopera dei subfornitori di India o Cina, più alta sarà la percentuale dei giovani italiani che rimarranno senza lavoro o che saranno costretti a lasciare il nostro Paese.
Tirando le somme per dare una scossa al mondo del lavoro non serve modificare l'articolo 18 né presentarsi in televisione umiliando il “noioso” posto fisso. Probabilmente potrebbe essere sufficiente rivedere le imposte.