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Pozzo dei documenti: svolta burocratica per le Pmi?

di Edoardo Musicò

Pubblicato 7 Febbraio 2012
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

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Il pozzo dei documenti è il nome della nuova banca dati universale proposta dall'Autorità  di vigilanza sui contratti pubblici a Governo e Parlamento per semplificare la vita delle Pmi.
E potrebbe essere una rivoluzione per contrastare la burocrazia asfissiante.

In pratica, si registrano una volta sola le credenziali di un'impresa che partecipa ad un bando pubblico e la banca dati telematica raccoglierà  tutti i documenti presentati dalle aziende che concorrono agli appalti, mettendoli a disposizione delle amministrazioni.

E la cosa non è di poco conto. Il ministero della Pubblica amministrazione ha infatti pubblicato un dato sconcertante: ogni anno le imprese spendono 1,2 miliardi di euro per produrre la documentazione di partecipazione alle gare.
Considerando che ogni impresa partecipa ad almeno 27 bandi ogni anno, significa che deve riprodurre la stessa mole cartacea per ben ventisette volte.

Queste imposizioni burocratiche sono ormai inaccettabili per le piccole e medie imprese del ventunesimo secolo e possono essere drasticamente ridotte con il nuovo sistema; facendo risparmiare cifre enormi ed eliminando i contenziosi sulla validità  dei documenti cartacei.

Ovviamente lo scetticismo non manca, perché l'Italia promette da almeno 15 anni rivoluzioni digitali solo parzialmente attuate. Ma l'urgenza di sostenere le piccole e medie imprese nel mercato globale sempre più informatizzato, potrebbe favorire il decollo del pozzo dei documenti, come auspica Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria.

La CGIA di Mestre ha elaborato i dati del Governo e dell’ISTAT in materia, arrivando alla conclusione che le Pmi sono schiacciate da un costo burocratico di oltre 23 miliardi l'anno.
Solo per il settore lavoro e previdenza le aziende sborsano quasi dieci miliardi, 3,4 se ne vanno negli adempimenti di tutela ambientale e altri 2,8 per gli oneri fiscali.
Il costo di partecipazione agli appalti si conferma in 1,2 miliardi, con un'incidenza di oltre il 5% dei costi burocratici.

Non è quindi un caso che Giuseppe Bortolussi, segretario CGIA, speri che ci siano presto rivoluzioni tecnologiche ancor più grandi, come quella di estrarre il certificato di regolarità  contributiva Inps o Inail e inviarlo solo per posta certificata, abbattendo ulteriormente la spesa, con un guadagno di tempo prezioso per l'imprenditore.