Il Governo Monti può certamente cogliere degli spunti per il programma di riforme volte alla crescita e allo sviluppo dell’Italia dal Rapporto 2012 “Doing Business in a more transparent world” della World Bank (IFC).
I dati del rapporto, il cui scopo è segnalare agli imprenditori dell’economia globalizzata dove conviene o non conviene investire, considerano l’applicazione della normativa vigente in 183 Stati in materia economica da giugno 2010 a maggio 2011.
Lo studio si basa sull'analisi di 10 indicatori del quadro normativo relativo all’intero ciclo vitale delle imprese.
In testa alla classifica generale del “doing business in a more transparent world” si trova Singapore, a cui segue Hong Kong, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Danimarca, primo fra gli Stati europei. Il Regno Unito si colloca al settimo posto, mentre la Germania è al 19esima posizione davanti al Giappone, 29esima la Francia.
Rispetto allo scorso anno (vedi: http://www.pubblicaamministrazione.net/e-government/news/2908/informatizzazione-pa-poco-digitali-in-italia.html) la posizione complessiva dell’Italia è peggiorata in termini di competitività come dimostra la classifica basata sulla facilità (o forse meglio “difficoltà “) a fare impresa. Infatti sui 183 Paesi considerati dal Rapporto l’Italia si colloca all’87esimo posto (lo scorso anno era all’83esimo).
I voti più bassi per l’Italia sono dati dalle “procedure di attuazione dei contratti“, dal “pagamento delle tasse” e dall'”accesso all'energia elettrica”.
Clamoroso si presenta il ritardo dei tempi e dei costi della giustizia civile: ci troviamo al 158esimo posto nel far rispettare (enforcement) i contratti per via giudiziale con 1.210 giorni di iter procudurale e un costo in media del 30% dell’importo non pagato.
Già l’ex Ministro della Giustizia Alfano, il 10 gennaio 2010, in occasione della “Relazione sull'anno 2009 dello stato ella giustizia” al Parlamento così sottolineava: ” … anche quest'anno il Doing Business 2010 … pubblicato dalla Banca Mondiale … dimostra l'incidenza negativa del sistema giudiziario sugli investimenti di imprese straniere”.
Non va meglio per il carico tributario : con 15 operazioni all’anno e 285 ore, a cui si aggiunge l’aliquota totale effettiva al 68,5% dei profitti, l’Italia si colloca al 134esimo posto. Ciò significa che per le imprese il costo riguarda non solo quanto pagare ma anche come pagare.
Altre situazione negative per l’Italia riguardano l’avvio di un’attività imprenditoriale (77esimo posto), i permessi di costruzione (96esimo posto), l’ allacciamento all’elettricità (109esimo posto), la registrazione degli immobili e l’accesso al credito (98esimo posto).
Unica nota positiva è quando il Rapporto indica le “245 reforms in 2010/11 made it easier to do business”: “Italy has introduced debt restructuring and reorganization procedures as alternatives to bankruptcy proceedings”.
Si tratta del Decreto Legge 78/2010 che ha consentito di anticipare il momento in cui scatta il divieto di iniziare o proseguire da parte dei creditori azioni cautelari o esecutive.
Probabilmente la parte “civile” del pacchetto giustizia del 6 ottobre 2011 (con il nuovo processo civile) e del 16 dicembre (con il decreto-legge sul sovraindebitamento del piccolo imprenditore e del consumatore e sull’efficienza del processo civile) consentirà di migliorare la nostra posizione nel rapporto 2013.
Dal 21 marzo 2011 è entrata inoltre in vigore la mediazione obbligatoria e al 30 settembre 2011 rìle richieste di mediazione depositate presso gli Uffici delle Camere di Commercio sono state 8.709 di cui il 73% definito, con una durata media di 43 giorni lavorativi e un costo medio del 3,5% del valore della controversia.
Per rispondere alla domanda del titolo del post, il Governo Monti deve compiere l'”atto voluto” del pacchetto liberalizzazioni per consentire al nostro Paese di riprendere la posizione che merita a livello globale.