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Il buon bilancio al servizio delle Pmi

di Edoardo Musicò

Pubblicato 22 Dicembre 2011
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

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Un piccolo imprenditore si rivolge in genere al commercialista per redigere il bilancio aziendale, e il titolare di solito lo firma senza approfondire, per mancanza di tempo.
Questo è un errore perché il commercialista potrebbe svelare segreti e trappole del bilancio aziendale, portando l’imprenditore a conoscere meglio il reale stato di salute della sua azienda.

Per cominciare, le banche chiedono copia degli ultimi bilanci societari prima di concedere un fido, e molte piccole imprese sono fra l’incudine e il martello.
Il patrimonio dell'impresa, infatti, è calcolato secondo regole che portano, per motivi prudenziali, ad una sotto stima della ricchezza, perché la legge impedisce alle aziende italiane di presentarsi più ricche di come sono.

Ma se una piccola impresa minimizza l’utile per pagare meno tasse, può vedersi negare un finanziamento dalle banche, che preferiscono sostenere chi produce ricchezza.

Gli attivi di bilancio comprendono la proprietà  dell'immobile, macchinari, impianti, attrezzature, mobili per ufficio e scorte di magazzino; altro elemento di ricchezza sono i crediti, conti correnti e cassa. Bisogna però stare attenti: se le scorte sono molto alte, significa che certe aziende producono più di quello che riescono a vendere.

Tra i passivi, ovviamente, figurano i prestiti e mutui delle banche e i debiti verso i fornitori, il fisco e i dipendenti.

Utili e perdite non riguardano solo il confronto tra costo del prodotto e ricavo ottenuto dalla sua vendita. L’utile, infatti, è soggetto a tassazione e se l'agenzia delle entrate pretende molto più di quello che l'imprenditore ha in banca, lo si costringe a chiedere un prestito per pagare le imposte, mandandolo in crisi sotto il profilo finanziario e compromettendo il suo rapporto con clienti e fornitori.

Se a questo si aggiunge il ritardo cronico nei pagamenti dovuti, si comprende il fallimento di tante piccole imprese.

Altra regola d'oro è osservare se i ricavi sono inferiori ai costi. In questo caso, il prodotto ha perso valore sul mercato e deve essere rinnovato al più presto.

Tra i rovesci della medaglia del sistema fiscale c'è anche il divieto di detrarre in parte i costi dell'auto e del telefono aziendale che danneggia chi usa questi beni in modo prevalente per lavorare.

Altro esempio è l'IRAP, con il suo meccanismo che costringe a pagare anche in assenza di ricavi, facendo andare facilmente in perdita gli imprenditori onesti che dichiarano tutti i proventi nel bilancio.

, (Università  di Torino)