Il codice civile non prevede particolari obblighi in capo ai soci in merito alla ripartizione di utili e perdite. In effetti, salvo quanto stabilito dall'articolo 2263- ossia l'invito di adottare criteri legali di ripartizione destinati ad operare esclusivamente in caso di mancata determinazione pattizia – il codice civile lascia piena libertà in merito alla ripartizione degli utili o alla destinazione delle perdite.
Ma c'è un articolo molto importante del codice civile che merita un'attenta riflessione: l’articolo 2265 che prevede il divieto inderogabile di dare vita a patti leonini.
Ma cos'è un patto leonino? E' un accordo che prevede che uno o più soci siano esclusi dalla partecipazione agli utili e alle perdite. Attenzione, quindi, perché ogni forma di patto leonino, indipendentemente dal fatto che tali clausole siano contenute nel contratto di società o in separati atti convenzionali, è considerato nullo dal codice civile.
La misura della partecipazione agli utili e alle perdite da parte di ciascun socio è solitamente stabilita nel contratto sociale ma può anche essere determinata, come stabilito dall'articolo 2264, da una terza persona cui i soci abbiano rimesso la fissazione dei criteri di riparto dei guadagni e delle perdite.
Nello specifico l'autonomia negoziale conferisce ai soci piena libertà nel determinare la misura della partecipazione di ciascun socio. Le quote di partecipazione possono, infatti, non essere proporzionali al valore dei conferimenti. Può accadere, ancorché in maniera piuttosto rara, che la quota di partecipazione agli utili di un socio non corrisponda alla percentuale dei conferimenti apportati.
In riferimento al patto leonino sono considerate nulle, ai sensi dell'articolo 2265 del codice civile, anche gli accordi che prevedono di partecipare agli utili o alle perdite solo dopo che gli stessi abbiano raggiunto un determinato importo nonché gli accordi che prevedono di tenere indenni dalle perdite uno o più soci.