Il rischio di una nuova recessione economica, in Europa e in particolare in Italia, ha superato la soglia delle probabilità divenendo quasi realtà : è in questa chiave che va letta la recente decisione della BCE di ridurre il tasso di riferimento. Una decisione forse appropriata, che ha dato slancio ai mercati finanziari ma il cui effetto sull’economia reale, per le imprese, sarà sostanzialmente nullo visto che ormai da settimane si stanno moltiplicando i segnali di una nuova, ulteriore stretta del mercato creditizio.
I dati diffusi recentemente dalla Banca d’Italia parlano chiaro: la difficoltà di accesso al credito sembra prolungarsi per un periodo più lungo di quanto previsto: a partire da giugno è in corso un’accelerazione del trend descritto, in particolare in relazione ai prestiti inferiori al milione di euro, che interessano in gran parte proprio le piccole e medie imprese.
Le banche stanno soffrendo molto il differenziale di rendimento tra i titoli italiani e quelli tedeschi, che fa aumentare il costo della raccolta e spinge le stesse a scaricare l’aggravio sui clienti. La questione, più che propriamente riferita allo spread, è legata ad un problema di liquidità : gli istituti finanziari non trovano più il denaro o lo trovano a condizioni tali che ne rendono antieconomico l’impiego.
Secondo il banking monitor di Intesa San Paolo, nell’ultimo trimestre tre quarti delle banche interpellate hanno confermato la restrizione delle condizioni creditizie per le imprese.
Nei prossimi mesi la situazione potrebbe anche peggiorare, con il rischio concreto di un credit crunch simile a quello di tre anni fa e tale da spingere le imprese a rinunciare al credito perché troppo caro – tagliando dunque su innovazione e costi – oppure, nel caso di coloro che sono obbligati a finanziarsi per mandare avanti la propria attività , a subire conseguenze pesanti sulla redditività .