Il dinamismo delle piccole imprese deriva dalla loro grande flessibilità e capacità di ristrutturarsi. Ma le dimensioni ridotte non garantiscono in ogni caso il superamento degli ostacoli creati dalla crisi. L’ultima indagine Istat sui dati dell’Archivio statistico delle imprese attive (Asia) dimostra che le aziende industriali e dei servizi sono circa 4,5 milioni con 17,5 milioni di addetti.
Il 95% ha meno di 10 addetti e le imprese senza dipendenti sono ben 3 milioni, pari al 65,2% del totale. Due terzi delle attività sono quindi individuali e coinvolgono il 25% degli occupati.
A differenza di altri Paesi europei dove prevalgono grandi gruppi industriali e numerose medie aziende, il nostro Paese ha solamente 3.718 imprese con più di 250 dipendenti (lo 0,08% del totale) che offrono tuttavia lavoro a circa 3,6 milioni di addetti, pari al 20% del totale degli occupati.
Le aziende di maggiori dimensioni sono concentrate nel ramo industriale, mentre il terziario è il regno delle piccole e microimprese, specialmente nel settore commerciale, alberghiero e dei trasporti.
Tra il 2008 e il 2009, con l'esplodere della crisi internazionale, le imprese individuali hanno subito una riduzione di almeno un punto percentuale e la chiusura di aziende è stata più marcata nei comparti delle costruzioni (- 1,8%) commercio (-2,6%) e dei trasporti (- 3,5%). Da notare anche la diminuzione netta del 5% di posti di lavoro nel settore edilizio.
Ma luci e ombre continuano ad alternarsi considerando che, nel luglio 2011,L'Istat registra un aumento consistente nella costruzione di macchinari e attrezzature del 9,5% rispetto all'anno precedente, mentre la produttività del tessile, abbigliamento e accessori, uno dei settori di punta del Made in Italy, è calata drasticamente del 20%. Diminuzione dell'8,1% anche per le apparecchiature elettriche e non elettriche ad uso domestico, a fronte di una buona tenuta nel settore computer, elettronica, ottica e orologi, che registra un incremento del 2,8% rispetto al 2010.
I dati confermano quindi la ripresa a macchia di leopardo delle piccole e medie imprese italiane, legata a un quadro economico internazionale condizionato dalle continue turbolenze nei mercati finanziari e alla contrazione dei consumi interni, compensata solo in parte dall'incremento delle esportazioni.