Rischia una sanzione penale il datore di lavoro che assume lavoratori clandestini, anche se li crede regolari ed è quindi in anche in buona fede: non basta aver preso visione della richiesta di permesso di soggiorno, è necessaria la certezza sull’effettivo rilascio del titolo.
Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza n. 32934 del 31 agosto 2011, ha confermato la condanna inflitta a un 56enne di Torino che aveva assunto alle sue dipendenze due rumeni, credendoli regolari. L’imprenditore aveva ritenuto sufficiente che gli stranieri gli mostrassero la richiesta di permesso di soggiorno. Tuttavia, non si era sincerato che la procedura fosse andata a buona fine.
Il tribunale e la Corte d’appello piemontesi lo avevano condannato. Contro la doppia conforme di merito è scattato il ricorso alla Suprema corte lamentando che le argomentazioni dei magistrati fossero incongrue.
La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna chiarendo in particolare che “la responsabilità del datore di lavoro che assume alle proprie dipendenze uno straniero privo del permesso di soggiorno non è esclusa dalla buona fede invocata per aver preso visione della richiesta di permesso di soggiorno avanzata dallo straniero“.
La Cassazione ha aggiunto che “l’avvenuta regolarizzazione della posizione dei lavoratori stranieri successivamente all’accertamento dell’illecito, anche a seguito dell’adesione della Romania all’Unione Europea, come correttamente rilevato dai giudici di appello, rappresenta un dato di per sé inconferente non escludendo esso la sussistenza della condotta antigiuridica dell’imputato“.