La Giurisprudenza ammette la possibilità per l’imprenditore di procedere al demansionamento del lavoratore. Quando? In particolare, nell’ipotesi in cui si voglia in questo modo evitare la cessazione o sospensione del rapporto di lavoro, in pratica al fine di evitare licenziamenti altrimenti possibili.
Tali condizioni risultano possibili solo previo consenso del lavoratore e senza alcuna pressione (!) da parte del datore di lavoro stesso.
Altre ipotesi sono riconducibili al fine di limitare la messa in mobilità di lavoratori in cassa integrazione straordinaria; alla stipula di accordi in sede sindacale che prevedono il riassorbimento dei lavoratori solo se assegnati a mansioni diverse da quelle svolte; all’ipotesi di gravidanza e puerperio ove, durante tale periodo, la lavoratrice non può essere adibita a lavorazioni pregiudizievoli della salute.
Ulteriori casi di possibile demansionamento sono l'impossibilità sopravvenuta e il sopraggiungere di eventi eventi morbosi o patologie che rendono il lavoratore non idoneo allo svolgimento delle mansioni assegnate.
Quest’ultima condizione legittima il datore di lavoro ad individuare altre mansioni che siano compatibili con la ridotta capacità lavorativa a condizione che sia consentito dall'assetto organizzativo dell'impresa.
In tale ipotesi, il datore di lavoro non ha obbligo assoluto di individuare mansioni confacenti alle capacità del lavoratore e che dove ciò non risulti possibile, il datore di lavoro è legittimato a recedere dal rapporto di lavoro.