Licenziamento del lavoratore, tema caldo in questo periodo in Italia: vediamone limiti, presupposti e corretto iter.
Secondo il Tribunale di Rieti 7 ottobre 2010, n. 513, il provvedimento espulsivo – come il licenziamento per giusta causa, ha carattere disciplinare in quanto presuppone una inadempienza del lavoratore, fermo restando l’obbligo della preventiva contestazione (ex art. 7 della legge n. 300/1970) da parte del datore di lavoro al lavoratore ritenuto responsabile di una mancanza tale da meritare il licenziamento.
L’assolvimento di tale obbligo non si risolve però né a voce né con una semplice comunicazione telefonica al lavoratore: la contestazione verbale del motivo che spinge al licenziamento impedisce infatti la necessaria valutazione per poter procedere poi ad eventuale ricorso.
Tuttavia, il licenziamento disciplinare intimato senza assolvere a tali obblighi non è viziato da nullità : risulta soltanto ingiustificato, nel senso che il comportamento addebitato al dipendente – quand’anche effettivamente sussistente e rispondente alla nozione di giusta causa o giustificato motivo – non può essere addotto dal datore di lavoro per sottrarsi alla operatività della tutela apprestata dall’ordinamento nelle diverse situazioni.
L’inosservanza delle garanzie rende l’atto di recesso inidoneo alla risoluzione del rapporto di lavoro, ma soltanto nell’area di operatività della tutela reale, rimanendo negli altri casi tale effetto comunque realizzato, in quanto considerato preminente rispetto all’interesse del lavoratore alla conservazione del posto.
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