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Rinunce e transazioni: il calcolo della contribuzione previdenziale

di Roberto Grementieri

Pubblicato 9 Novembre 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:40

A seguito della conciliazione di una controversia, il datore di lavoro può riconoscere al lavoratore somme di denaro a diverso titolo, cui corrispondono regimi di contribuzione e tassazione diversi:
a) arretrati di retribuzione;
b) incentivi all’esodo;
c) rinuncia ad impugnare il licenziamento;
d) risarcimento di danni.

In generale le somme corrisposte a titolo transattivo o di rinuncia ad alcuni diritti sono soggette a contribuzione previdenziale solo se trovano la propria causa ed origine nel rapporto di lavoro.
Ciò vale sia per le transazioni intervenute in costanza di rapporto che per quelle concluse alla cessazione dello stesso.

Per escludere un’erogazione dall’ampia nozione di imponibile contributivo e fiscale occorre che risulti un titolo autonomo, diverso e distinto dal rapporto di lavoro che ne giustifichi la corresponsione, non essendo sufficiente la mancanza di uno stretto nesso di corrispettività  con la prestazione lavorativa.

In particolare, sono sempre imponibili i provenienti conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità  conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli da invalidità  permanente o da morte.
Essi costituiscono, infatti, redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.