Sono trascorsi poco più di due anni dall’accordo Basilea 2 e già tutti ne parlano al passato, come di un meccanismo superato e obsoleto.
Al primo accordo (Basilea 1) era andata sicuramente meglio: introdotto nel 1988, infatti, aveva regolato la gestione delle attività finanziarie per oltre un ventennio. Meno fortunato Basilea 2 che verrà sostituto dal 2012. Nel corso del 2010 il Comitato per la supervisione bancaria di Basilea valuterà nuove regole per la gestione delle attività a rischio del sistema bancario; queste nuove regole dovranno integrare o sostituire le versioni precedenti.
Le nuove regole si articoleranno su tre punti: la garanzia di liquidità a breve, la trasformazione delle scadenze e i requisiti di capitale.
L'adozione di Basilea 3 è controversa e sta raccogliendo molte critiche, oltre che qualche consenso. Alcuni sostengono che questo sistema di regole porterebbe all'abbassamento del Core Tier 1 di importanti istituti bancari e, se implementato in un frangente di profonda crisi economica e finanziaria come quella attuale, aumenterebbe il rischio di contingentamento del credito (cosiddetto credit crunch).
Per gli organismi di garanzia fidi, se le cose non cambiano si prospettano tempi duri: Basilea 3 rischia di ridimensionare in maniera importante il mercato della garanzia.
L'aumento del requisito patrimoniale degli intermediari finanziari investe infatti anche i confidi, già particolarmente provati dal periodo di crisi e dalla crescita esponenziale delle sofferenze.
Visto che già non dispongono di capitali abbondanti, ma affrontano una crescita della domanda di garanzia, se il requisito cresce le garanzie emettibili diminuiscono.
Si arriva prima alla saturazione di quanto disponibile.
Secondo i due documenti di consultazione rilasciati in primavera dal Comitato di Basilea (ribattezzati appunto Basilea 3) la crisi ha dimostrato l'inadeguatezza patrimoniale delle banche e la necessità di una ri-regulation da avviarsi a partire dal 2012.
All'interno dei documenti in proposta è stata inserita una norma che potrebbe colpire soggetti, come i confidi, non solo estranei alle cause della crisi, ma che sono uno strumento utile per l'accesso al credito delle Pmi, soprattutto in periodi di vacche magre.
È infatti previsto l'innalzamento del requisito patrimoniale nei confronti di esposizioni verso altre imprese finanziarie. Poiché la crisi ha evidenziato che il grado di interconnessione tra le banche le rende più vulnerabili verso il rischio sistemico delle imprese industriali, la norma richiederebbe di detenere più capitale quando si prestano soldi sull'interbancario.