Secondo il principio enunciato dalla sentenza n. 19907 del 26 maggio u.s., per configurare il reato di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 74/2000 è sufficiente il proposito di consentiere ad un terzo l’evasione delle imposte, mentre risulta irrilevante l’effettivo risultato.
L'art. 8 del d. lgs. n. 74/2000 recita espressamente che “È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti“.
La sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione nasce da una vicenda che ha interessato il titolare di un’impresa di costruzione al quale veniva contestato il reato di cui all'art. 8 del d. lgs. n. 74/2000 per avere emesso 19 fatture di acconto relative a operazioni oggettivamente inesistenti.
In primo grado l'imputato veniva ritenuto colpevole e condannato alla pena di due anni di reclusione confermati nel giudizio di appello.
Contro tale decisione, l'imputato proponeva ricorso per cassazione.
Il Collegio rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alla refusione delle spese del procedimento.
Per i giudici, l'emissione di fatture per prestazioni future che, sino alla emissione della fattura di saldo non comporta la deducibilità fiscale da parte del ricevente, non rappresenta una circostanza sufficiente per poter neutralizzare la fattispecie delittuosa.
Osserva la Corte che il reato de quo è un reato istantaneo nel senso che il delitto si consuma nel momento in cui la fattura viene emessa ; di pericolo e non di danno, in quanto la punibilità è svincolata dall'avvenuto uso dei documenti falsi in dichiarazione da parte del soggetto ricevente e la tutela anticipata è diretta a sanzionare la sola messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma.
La fattispecie penale in esame non richiede quindi che si realizzi l'evasione fiscale ma solo che la condotta sia idonea a consentirla.
Ciò significa che, per la consumazione del reato, è sufficiente aver posto in essere l'attività vietata dalla norma, cioè l'aver emesso le false fatture e non anche che queste siano effettivamente utilizzate con conseguente verificarsi del danno temuto.
E' necessario che l'emittente delle fatture per operazioni inesistenti, oltre ad avere la coscienza e volontà della condotta tipica, cioè dell'emissione o del rilascio di documentazione falsa con la consapevolezza che l'operazione in essa rappresentata è inesistente, abbia altresì il fine specifico di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, essendo irrilevante il fatto che il ricevente raggiunga o meno detto risultato.