Massima sicurezza sul lavoro: dai principi alla pratica

di Paolo Sebaste

Pubblicato 15 Febbraio 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:41

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Nella gestione pratica della sicurezza sui luoghi di lavoro emerge spesso (purtroppo nei casi in cui si verifica un infortunio in azienda) la questione relativa agli obblighi, e le connesse responsabilità , del datore di lavoro con riferimento alla tutela dell’integrità  psicofisica dei lavoratori.

L’art. 2087 del codice civile prescrive un obbligo di prevenzione generale per cui “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità  del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità  fisica e la personalità  morale dei prestatori di lavoro”. Sarebbe quindi obbligatoria ogni misura di tutela dell’integrità  psico-fisica del lavoratore e per cui, Il datore di lavoro, deve procedere alla individuzione dei rischi, prevederne le conseguenze dannose in base ad eventi (eventualmente) già  verificatisi, e seguire l’evoluzione della tecnica che, sulla base delle nuove conoscenze in materia di salute e sicurezza, mette a disposizione le soluzioni per possibili aggiornamenti delle misure già  adottate.

Questo principio è stato confermato nell’art. 2 c. 1 lett. n) del Decreto Legislativo n. 81/2008, nella definizione di prevenzione cioè “il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità  del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità  dell’ambiente esterno”. Ma quanto è ampia dunque la responsabilità  del datore di lavoro? E quanto è ampio l’obbligo di adeguamento delle procedure aziendali e delle misure di sicurezza ai progressi della tecnica?

La Giurisprudenza ha espresso nel tempo un orientamento costante affermando la impossibilità  di subordinare la sicurezza a criteri di fattibilità  economica o produttiva. Significa che il datore di lavoro è obbligato ad un inseguimento infinito ed incondizionato degli adeguamenti?

Una lettura formale della norma, alla luce della continua evoluzione tecnologica, sembrerebbe pendere verso questa direzione, con conseguenze facilmente immaginabili soprattutto per le PMI. Davvero un’impresa impossibile.

Ci ha pensato la Corte Costituzionale a dare una dimensione più “definita” della questione, riconoscendo all’imprenditore la possibilità  di realizzare la sicurezza in base alla particolarità  del lavoro, all’esperienza e alla tecnica da lui utilizzata o utilizzata in lavorazioni similari. Un adeguamento delle misure di salute e sicurezza comprese nell’ambito del concretamente fattibile.