Da un anno a questa parte si assiste all’inquietante regressione dell'economia mondiale cominciata dodici mesi fa con il fallimento di una delle più importanti banche americane, la Lehman Brothers.
Da allora è stato un susseguirsi di imprese che si definivano in crisi. In quel periodo i giornali fornivano quotidianamente informazioni allarmanti sullo status vivendi delle imprese – sia le grandi organizzazioni multinazionali che le piccole realtà locali.
Gli imprenditori tremavano al solo pensiero di vedere il proprio fatturato precipitare e passavano le giornate sfogliando giornali economici e preparando grafici e report per analizzare al meglio la situazione economica aziendale. Di contro gli impiegati osservavano con distaccato nervosismo il mutamento delle politiche aziendali un po' come osservare la città da dietro i finestrini di un bus metropolitano in movimento. Qualcuno di loro si aspettava da un giorno all’altro una lettera di licenziamento con annessi ringraziamenti, da parte dell’amministratore delegato, per la preziosa collaborazione prestata in questi difficili anni. Qualcuno questa lettera la ricevette sul serio.
Il governo italiano, in collaborazione con gli altri principali Paesi, ha fissato obiettivi comuni a cui ha dato seguito con strumenti interni. In Italia abbiamo assistito a interventi per salvaguardare il sistema creditizio e il risparmio e favorire la liquidità , incentivi alle imprese a seguito dell'European Economic Recovery Plan, interventi settoriali per lo stimolo ai consumi, interventi per potenziare il sostegno al reddito e per l’accelerazione di investimenti pubblici.
In alcuni casi anche i governi regionali sono intervenuti con finanziamenti. La Regione Sicilia, ad esempio, ha messo a disposizione della FIAT 350 milioni di euro per il sito di Termini Imerese affinché il Lingotto resti in Sicilia.
A fronte di tutto questo le Pmi possono ritenersi soddisfatte? Poco, probabilmente. Molte piccole imprese lamentano di essere state dimenticate e di non riuscire a trarre vantaggio dagli interventi proposti, che i benefici sarebbero poca roba rispetto a quanto servirebbe per il proprio risanamento.
E' ovvio che non possiamo generalizzare. I casi andrebbero analizzati singolarmente. Però voglio immaginare che tra le tante imprese in crisi ci siano realmente quelle che hanno bisogno. Sono quelle che lamentano prevalentemente la lentezza con cui la Pubblica Amministrazione provvede al pagamento delle fatture emesse per servizi resi o beni ceduti. Se questo è il modo di aiutare le imprese in crisi ritengo che occorre perseguire. E se anche le casse della Pubblica Amministrazione sono vacanti? Si potrebbero coinvolgere le banche affinché provvedano ad anticipare le fatture senza ulteriori costi aggiunti per l’impresa.
Ma che si faccia adesso, prima che sia troppo tardi.