Dall’avvio della crisi finanziaria globale è sostanzialmente scattata la corsa per evitarne, o cercare di arginarne in ogni modo possibile, gli effetti sul sistema produttivo mondiale (la cosiddetta economia reale).
Da quel momento, in modo anche piuttosto sollecito sono state avviate, anche nel nostro paese, una serie di misure dirette da un lato ad evitare che il sistema bancario interrompesse la sua attività di finanziamento nei confronti delle imprese e delle famiglie e dall’altro consentire alle imprese stesse di disporre dei mezzi e degli strumenti necessari per contrastare la crisi economica globale e continuare a rimanere competitive sui mercati.
La maggior parte di queste misure sono state lanciate con l’intento dichiarato di sostenere finanziariamente le attività delle Pmi. La mole di risorse annunciate e destinate a sostenere finanziariamente le Pmi a livello comunitario, nazionale e regionale (vi viene in mente una ulteriore declinazione?) e veramente ingente, quasi sbalorditiva.
Si potrebbe affermare che non manca un giorno in cui non si abbia notizia di un nuovo intervento, accordo, convenzione destinato al “sostegno finanziario” del sistema delle Pmi e delle micro-imprese.
A dire il vero non mancano neanche le preghiere, le raccomandazioni i consigli e gli interventi (le suppliche?) che di pari passo si susseguono da ogni parte nei confronti del sistema bancario nazionale, considerato comunque responsabile di proseguire su una linea (insolitamente) rigida sulle modalità e criteri di concessione dei crediti, soprattutto nei confronti delle Pmi.
Le rappresentanze delle imprese, istituzionali e persino il Papa hanno alimentato un coro di critica (o di incoraggiamento?) unanime nei confronti del sistema bancario italiano. Il quale però risponde per le rime adducendo quale causa del corto circuito nei rapporti tra banche ed imprese, la scarsa capitalizzazione delle PMI alla luce degli obblighi ferrei imposti da Basilea 2.
Anche la prospettiva di poter richiedere (che non significa necessariamente ottenere) finanziamenti utilizzando circuiti alternativi a quello tradizionale è stata recentemente stroncata alimentando la percezione negativa di molte micro imprese sul fronte del credito; e crescono le dichiarazioni di allarme sul rischio usura.
C’è da chiedersi quanto l’atteggiamento creativo innovativo e (pure) ottimistico richiesto alle Pmi per rimanere in vita trovi, di questi tempi, adeguato “riscontro” al momento della richiesta di concessione di un prestito.