Rischia il datore di lavoro che "assume" irregolari

di Davide Di Felice

Pubblicato 9 Luglio 2009
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:41

Al fine di contrastare l’immigrazione illegale, Parlamento e Consiglio Europeo hanno approvato una direttiva che vieta l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

A tal fine essa stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni e provvedimenti applicabili negli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro che violano tale divieto.

In particolare, il datore di lavoro dovrà  preventivamente:

  1. chiedere che un cittadino di un paese terzo, prima di assumere l’impiego, possieda e presenti al datore di lavoro un permesso di soggiorno valido, o un’altra autorizzazione soggiorno;
  2. tenere, almeno per la durata dell’impiego, una copia o registrazione del permesso di soggiorno o altra autorizzazione di soggiorno a disposizione delle autorità  competenti degli Stati membri, a fini di un’eventuale ispezione;
  3. informare, entro un termine fissato da ciascuno Stato membro, le autorità  competenti designate dagli Stati membri dell’inizio dell’impiego di un cittadino di un paese terzo.

Le sanzioni inflitte in caso di violazioni del divieto includono:

  • sanzioni finanziarie che aumentano a seconda del numero di cittadini di paesi terzi assunti illegalmente;
  • il pagamento dei costi di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi assunti illegalmente, nei casi in cui siano effettuate procedure di rimpatrio.

Inoltre, per ogni violazione del divieto il datore di lavoro sarà  responsabile per il pagamento di:

  • ogni retribuzione arretrata ai cittadini di paesi terzi assunti illegalmente.
  • un importo pari a tutte le imposte e i contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe pagato in caso di assunzione legale del cittadino di un paese terzo, incluse le penalità  di mora e le relative sanzioni amministrative;
  • se del caso, tutti i costi derivanti dal trasferimento delle retribuzioni arretrate al paese in cui il cittadino di un paese terzo assunto illegalmente ha fatto ritorno o è stato rimpatriato.

I cittadini di paesi terzi assunti illegalmente sono informati sistematicamente e oggettivamente circa i loro diritti prima dell’esecuzione di qualsiasi decisione di rimpatrio.

Inoltre, saranno posti in essere i meccanismi necessari a garantire che i cittadini di paesi terzi assunti illegalmente possano ricevere il pagamento di tutte le retribuzioni arretrate, che sono dovute in virtù delle domande dei lavoratori anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato.

Pesanti le misure aggiuntive di carattere interdittivo a carico dei datori di lavoro che violano le disposizioni:

  • esclusione dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, compresi i fondi dell’Unione europea gestiti dagli Stati membri, per un periodo fino a cinque anni;
  • esclusione dalla partecipazione ad appalti pubblici definiti nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, per un periodo fino a cinque anni;
  • rimborso di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, inclusi fondi dell’Unione europea gestiti dagli Stati membri, concessi al datore di lavoro fino a dodici mesi prima della constatazione dell’assunzione illegale;
  • chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti in cui ha avuto luogo la violazione, o ritiro temporaneo o permanente della licenza d’esercizio dell’attività  economica in questione, se giustificata dalla gravità  della violazione.

La violazione del divieto, se intenzionale, costituirà  reato in ciascuno dei seguenti casi, come previsto dalla legislazione nazionale:

  • la violazione prosegue oppure è reiterata in modo persistente;
  • la violazione riguarda l’impiego simultaneo di un numero significativo di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare;
  • la violazione è accompagnata da condizioni lavorative di particolare sfruttamento;
  • la violazione è commessa da un datore di lavoro che, pur non essendo accusato o condannato per un reato di cui alla decisione quadro 2002/629/GAI, ricorre al lavoro o ai servizi del un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare nella consapevolezza che lo stesso è vittima della tratta di esseri umani;
  • la violazione riguarda l’assunzione illegale di un minore.

Sarà  perseguibile penalmente anche l’istigazione, il favoreggiamento e la complicità  a commettere intenzionalmente gli atti sanzionati.

Le società  possono essere dichiarate responsabili quando è stato commesso a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che, agendo a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica, detenga una posizione preminente in seno all’organizzazione.

La responsabilità  della persona giuridica non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che commettano uno dei reati, istighino qualcuno a commetterli o vi concorrano.

Gli Stati membri possono decidere di rendere pubblico un elenco di datori di lavoro aventi personalità  giuridica e dichiarati responsabili del reato.

La direttiva dovrà  essere recepita dagli Stati della Comunità  entro il 20 luglio 2011.