La ventilazione negli ambienti di lavoro si rende necessaria quando la temperatura è eccessiva o per riequilibrare il grado di inquinamento dei locali.
Il nostro corpo, che produce calore in quantità variabile rispetto all’attività nella quale è impegnato – si parte da 80 kCal/h durante il sonno fino a 200 per un lavoro pesante – deve trasmetterlo all’esterno. Quando la temperatura dell’ambiente è alta la sudorazione crea dispendio di energia e stanchezza. Ecco che la necessità di ventilazione entra in gioco.
L’inquinamento dei locali può essere dovuto alla traspirazione – specialmente in ambienti stretti. Solo in un ambiente domestico si possono trovare acido acetico, isobutirrico, valerianico, butirrato di etile provenienti dai vapori.
Le norme che regolamentano la ventilazione in ambienti di lavoro sono d.lgs 626/94, dpr 303/56, Uni 10339 e 8852 le cui prescrizioni sono state recepite nelle ‘Linee guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati‘, oggetto dell'accordo tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome del 27 settembre 2001.
Da queste norme si deduce che il datore di lavoro deve farsi carico di eseguire, se necessario, impianti di ventilazione forzata, al fine di garantire un adeguato ricambio d’aria rispetto alle attività svolte, metodi di lavoro, condizioni ambientali.
In particolare, per gli uffici servono 11 l/sec a persona e 25 m³/h nelle attività artigianali o industriali leggere badando però che la velocità dell’aria sia inferiore a 0,2 m/sec negli uffici e a 0,15 m/sec in attività industriali e artigianali.
Se nei locali vi è la presenza di agenti chimici pericolosi o vi sono rischi di contaminazione bisognerà avvalersi di impianti di aspirazione nelle immediate vicinanze del luogo di provenienza dei fumi. La velocità non dovrà essere mai inferiore a 0,5 m/sec. L’impianto di estrazione dovrà essere sempre funzionante ed eventuali guasti dovranno essere segnalati da un sistema di controllo.