In Europa si stima la presenza attiva di ben 23 milioni di piccole e medie imprese. Di queste, sei milioni operano in Italia.
Se è vero che le dimensioni contano, in questo caso più che le dimensioni delle singole imprese valgono quelle del fenomeno considerato complessivamente, soprattutto con l’attuale congiuntura che suggerisce un’attenzione maggiore nei confronti di una tipologia di azienda che gioca un ruolo importante nell’economia del mercato europeo.
Insomma le Pmi nell’Economia di Eurolandia contano, ed hanno diritto di dare voce alle proprie esigenze proprio in considerazione della loro diffusione capillare, sia con riferimento alla presenza territoriale che ai settori merceologici in cui svolgono la loro attività .
Questo, per il loro apporto alla creazione di ricchezza e benessere diffusi e per la capacità di interpretare le condizioni di mercato con adattamenti difficilmente riproducibili in imprese di grandi dimensioni.
La Commissione Europea, dopo un accurato lavoro preparatorio terminato con una consultazione pubblica, ha avviato per le Pmi europee quella che molti hanno definito una “rivoluzione“.
Tutto nasce dalla constatazione che il Mercato Comune, a partire dalle condizioni dei singoli Stati Membri, così com’è non favorisce il ciclo di vita di questi soggetti, ossia la nascita, lo svolgimento dell’attività ed infine il passaggio di testimone.
In sostanza, le Pmi europee operano in condizioni di avversità attribuibili ad una scarsa attenzione da parte delle Istituzioni, e di conseguenti regole di mercato inadeguate a favorire sviluppo e aumento della produttività , perché pensate per imprese di grandi dimensioni.
Lo Small Business Act, varato il 25 giugno di quest'anno costituisce il contenitore della promessa di rivoluzione del mercato europeo in favore delle Pmi.
Un piano d’azione che, a livello europeo e nei singoli Stati Membri, ne ripropone il rilancio e la promozione tramite azioni che traducano in concreto il concetto che bisogna “pensare anzitutto in piccolo”, promuovendo in primis un contesto culturale che favorisca l’avvio di attività imprenditoriali, e a seguire migliore accesso al credito, innalzamento del tasso di imprenditorialità femminile e degli immigrati, agevolazione del passaggio generazionale, promozione e aggiornamento delle competenze nelle Pmi e ogni forma di innovazione.
Oltre ai suggerimenti su “cosa fare” per adattare il campo e le regole del gioco alle piccole imprese, sono inoltre fornite indicazioni su buone prassi e casi di successo conseguiti nei vari Stati Membri.
In ultima analisi, una sorta di “metodo Montessori” applicato all’imprenditoria, che al momento ha riscosso grande entusiasmo ma che è atteso al banco di prova della realizzazione concreta da parte delle istituzioni nazionali.