Un argomento di cui spesso si sente parlare in ambito aziendale è l’Enterprise 2.0, riferendosi a un nuovo modo flessibile e dinamico di intendere l'impresa.
Ma davvero si è cosi vicini a questa svolta epocale? Gli esperti, o meglio i protagonisti del cambiamento, ne parlano in termini meno fantastici e più concreti chiarendo che passare dalle versione 1.0 a quella 2.0 significa cambiare il proprio asset aziendale. Cercando di analizzare gli sforzi già compiuti dalle aziende italiane e i progetti che viaggiano in tal senso sembra un passaggio piuttosto complesso.
L'errore spesso compiuto è credere che l'adozione di alcune tecnologie di moda come i blog o i wiki aziendali costituisca un passo in avanti verso una futura forma aziendale.
Questi tentativi, tuttavia, non rappresentano un cambiamento reale ma solo di parvenza.
Probabilmente, il punto centrale è ancora una volta la capacità di cambiare e di intendere la propria azienda come un'entità in continua evoluzione. Questo non costituisce solo una strada per raggiungere l'ambita meta Enterprise 2.0 ma la vera chiave di accesso a questo promettente e interessante mondo.
Operativamente parlando, è necessario che i manager aziendali siano sensibili e decisi nell'apportare cambiamenti allo status aziendale investendo sulle promesse tecnologiche del presente.
Da un lato, questo modo di agire richiede notevole coraggio e mette in gioco la libertà di coloro che devono prendere decisioni in relazione agli obiettivi aziendali da raggiungere e al modo in cui farlo.
Dall'altro, è necessario essere in grado di gestire l'innovazione in modo responsabile e consapevole.
Benché le tecnologie offrano grandi risorse e infinite possibilità di utilizzo e sviluppo, bisogna comprendere che da sole non possono realizzare un cambiamento. Ciò che veramente fa la differenza tra i maniaci tecnofili e i responsabili tecnologi e la capacità di controllare l'utilizzo delle tecnologie aziendali, sia per l'impatto socio-lavorativo che esse hanno sia per il monitoraggio della reale operatività di alcune scelte o sperimentazioni.
Un classico esempio di quanto finora discusso in termini generali e astratti è il telelavoro di cui già si è parlato in altri post. Questa forma che man mano sembra affermarsi sempre di più, e in diversi ruoli aziendali, non costituisce di per sé uno sconto sui compiti del dipendente o sulla mole di lavoro da smaltire, ma certamente comporta una serie di problematiche a livello aziendale che vanno gestite.
Spesso infatti si accusa il telelavoro di ridurre o persino annullare l'interazione tra i dipendenti, di sminuire l'importanza della presenza fisica all'interno dell'azienda e di mancare di forme di controllo sull'operato e sul numero di ore di lavoro del dipendente.
Per certi aspetti questi problemi sono concreti e reali e rientrano nelle questioni socio-lavorative da saper gestire in un contesto di innovazione. Sotto un altro punto di vista, queste obiezioni rilevano la paura del nuovo e del diverso relativamente alle dinamiche aziendali e alle forme della nuova impresa.
Voglia di cambiare e libertà risultano essere le keywords per entrare nel mondo dell'Enterprise 2.0, un passaggio che ancora richiede molto lavoro e molto coraggio da parte delle aziende italiane e su cui si riversano molte speranze, molte aspettative e molte curiosità da parte di coloro che credono nell'innovazione.