Non è una banale canzone di qualche tempo fa ma la cruda realtà che in Italia si sta delineando in tema di lavoro.
In Italia, si sà , il precariato è diventato una sorta di “necessità ” un po’ per tutti coloro che si affacciano sul mercato, almeno per i primi anni di attività . Uno dei settori che più ne risente è proprio l’IT: chi non ha mai mandato il proprio CV ad aziende interinali che individuano incarichi a tempo, e molto spesso sotto-retribuiti rispetto alle proprie effettive competenze?
Lessi tempo fa un articolo che mi colpì molto sul mondo del lavoro e il rapporto tra quel che vali e quanto effettivamente vieni retribuito. Eppure mi chiedo, chi è in grado di stimare quanto valiamo e quanto dovremmo percepire?
Questo dato è soggettivo, anche se dipende degli anni e dell’esperienza lavorativa. Per cui sarebbe giusto aspettarsi che l’azienda inizia col mettere alla prova la persona scelta per un determinato periodo – previsto dalla legge – per poi valutarne l’effettivo valore.
La realtà , purtroppo, è diversa: chi assume ha di solito problemi a far quadrare i tempi di sviluppo del progetto che deve sviluppare, così preferisce affidarsi ad aziende interinali, le quali trovano nel proprio portfolio un’ampia scelta di persone che rispondono già ad un certo profilo professionale.
Il problema è che tali profili sono il frutto dei colloqui conoscitivi realizzati presso l’agenzia interinale e non sempre sono davvero affidabili: questi colloqui, a volte, sono svolti da responsabili delle risorse umane poco esperti di Information Technology, che in poche battute etichettano gli aspiranti lavoratori IT come “esperti sistemisti unix”.
Questo porta le aziende a scegliere personale inadatto ma economicamente vantaggioso. E’ la corsa a chi vale di meno e sa fare il minimo. il mercato dell’IT offre molti consulenti informatici, o perlomeno presunti tali, ma non tutti valgono nella stessa maniera, nonostante vengano considerati e pagati con lo stesso prezzo.
Qual è la soluzione a questo paradosso del mercato, che mette sullo stesso livello migliaia di persone pur avendo esperienze lavorative diverse? I primi responsabili siamo proprio noi, che accettiamo offerte di lavoro per 1000 euro pur di lavorare, noi che ci autosvalutiamo. Perché “venderci” per cosi poco quando valiamo molto di più?
Le radici del problema sono complesse: molto dipende anche dalla tipologia dei contratti lavorativi esistenti oggi in Italia, che a mio parere dovrebbero essere rivisti o addirittura eliminati.
Ritengo, dunque, che un’ulteriore soluzione – forse più concreta – sarebbe quella di creare una sorta di “unione dei consulenti informatici”, cosi da formare una specie di consorziato che aumenti il valore del nostro lavoro.
Il lavoro c’è ma è precario: se nessuno fa nulla per noi non c’è futuro. Allora, l’unica strada è fare qualcosa per noi stessi: apriamo blog, siti web, organizzazioni che attuino queste nostre idee e che le difendano il più possibile, ma in primis cerchiamo di autovalutarci bene e non svenderci per poco…