Sempre più frequentemente si ripresenta l’annosa questione della “dipendenza da e-mail”, impostasi all’attenzione generale con la diffusione massiva di palmari e smartphone e la disponibilità di tecnologie che hanno favorito la connettività mobile.
Del resto, l’idea di essere “always on” sta prevalendo sempre più, grazie anche a tariffe flat più favorevoli per le aziende, che possono così permettersi di mantenere costantemente aperte le proprie connessioni.
Un altro richiamo arriva dal sito ANSA, che fa riferimento ad una indagine di due ricercatrici inglesi. Allo stato attuale i risultati sembrano confermare un iniziale appagante senso di libertà che la tecnologia ci offre, destinato però a tramutarsi nel tempo in una forma di moderna schiavitù.
Precedenti inchieste, sia tra utenti privati che business, avevano già confermato tali sensazioni. La stragrande maggioranza delle persone coinvolte ritiene che i messaggi di posta elettronica, pur apparendo irrinunciabili, finiscano per stressare ed in alcuni casi si possa arrivare ad un rapporto incontrollabile di tipo compulsivo.
Affrontare la situazione non è certamente semplice. Si potrebbero indicare alcuni comportamenti che bisognerebbe cercare di assumere per rendere più sereno l’atteggiamento nei confronti di questo potente mezzo comunicativo. Ad esempio, cercare di limitarne l’uso all’essenziale, come ultima alternativa a metodi più tradizionali e cercare di imporre delle fasce orarie di consultazione, lavorando non in linea negli altri momenti.
Tutto questo comunque non è facile da mettere in pratica. Un’ulteriore idea potrebbe essere quella di seguire l’esempio di alcune aziende statunitensi, che hanno proclamato il venerdì senza e-mail, anche se mi pare difficilmente ipotizzabile nell’attuale panorama italiano.