Cerco e offro lavoro, panoramica dei centri per l’impiego

di Barbara Weisz

Pubblicato 10 Aprile 2014
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:38

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Investimenti scarsi, pochi addetti, sfiducia tra i disoccupati, ridotta efficacia nel trovare lavoro: è la fotografia dei centri per l’impiego italiani scattata da un’indagine comparata condotta da Isfol a livello europeo. In “Lo stato dei servizi pubblici per l’impiego in Europa: tendenze, conferme e sorprese“, Francesca Bergamante e Manuel Marocco analizzano le strutture in base a tre parametri : costi, organizzazione, risultati.

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L’Italia dedica ai Centro per l’Impiego lo 0,03% del PIL (media UE 0,25%): 500 milioni di euro contro gli 8,8 miliardi della Germania e i 5 della Francia. Non solo: se la crisi 2008-2011 ha spinto gli altri paesi ad aumentare le risorse per chi cerca lavoro, in Italia è successo il contrario. Sono poco numerosi anche gli operatori del settore, che non arrivano a 9mila contro i 115mila di Germania e i 49mila in Francia.

Quanto costa il servizio allo Stato? In Italia la spesa media per il collocamento di una persona è pari a 8.673 euro, a differenza dei 51.100 euro dell’Olanda, i 44.202 della Danimarca, i 21.593 euro della Francia e i 15.833 euro della Germania.

Collocamento

Ed è nettamente sotto la media anche l’efficacia di Centri per l’Impiego e Agenzie per il lavoro (i primi sono pubblici, le seconde sono private ma autorizzate dal ministero): nel 2011 in Europa sono state collocati attraverso le agenzie l’1,8% dei lavoratori dipendenti e attraverso i Cpi il 9,4%: in Italia percentuali rispettivamente di 0,3% e 3,1%. In tutti i casi, Italia compresa, i centri per l’impiego si dimostrano più utili delle agenzie per il lavoro: il paese in cui funzionano meglio è la Svezia (collocano il 13,2% dei dipendenti), seguita dalla Germania (10,5%).

Recruiting

Anche alla luce di questi dati, in pochi si affidano a queste strutture: in Italia il 33,7% dei disoccupati contatta un Cpi e solo il 19,6% alle Apl. L’80% preferisce l’intermediazione delle reti informali e il 66,6% la diretta richiesta di lavoro alle imprese.