Il Digitale non è donna: lo conferma lo studio della Commissione Europea “Women active in the ICT sector”, dal quale emerge la persistenza di un forte divario di genere nel settore ICT. Eppure, se il gap fosse colmato il PIL registrerebbe 9 miliardi di euro l’anno in più. Questo perché le aziende con più donne ai posti di comando sono più redditizie del 35% e assicurano ai propri azionisti il 34% in più di utili rispetto a imprese omologhe.
I dati mostrano in maniera chiara l’esistenza di barriere all’ingresso delle donne nelle professioni legate alle nuove tecnologie digitali. Solo 29 laureate su 1.000 ottengono un diploma universitario di primo livello nell’ICT (contro 95 uomini su 1.000) e solo 4 su 1.000 sono effettivamente impiegate nel comparto. Rispetto agli uomini, inoltre, le donne tendono a abbandonare il settore a metà carriera e sono sottorappresentate nei vertici manageriali e dirigenziali: appena il 19,2% degli addetti del settore ICT ha un capo donna, contro il 45,2% in altri settori. D’altro canto, le donne che lavorano nel Digitale guadagnano il 9% in meno di quelle inserite in altre attività .
Per correggere questa situazione la UE propone 4linee di intervento :
- rendere il settore più attrattivo per le donne
- dare loro più spazio, incentivando percorsi professionali in ambito ICT
- incrementare l’imprenditoria femminile nel Digitale agevolando l’accesso al capitale di avviamento e di rischio;
- migliorare le condizioni di lavoro, risaltando le migliori prestazioni ottenute da imprese che assumono donne.