Computer e materiali elettronici come telefonini, palmari e stampanti a fine ciclo di vita diventano tecno-spazzatura (e-waste) il cui accumulo sta diventando preoccupante. E soprattutto nei paesi emergenti, moderne “discariche di prodotti hi-tech” in disuso, “esportati” sotto forma di iniziative volte a diffondere la cultura informatica: è la denuncia UNEP (United Nations Environment Programme).
L’allarme “insostenibilità rifiuti hi-tech” provenienti dalle aree più industrializzate è stato lanciato da Achim Steiner, direttore UNEP, alla presentazione dello Studio Recycling – from E-Waste to Resources .
La situazione è in progressivo peggioramento: entro il 2020 si potrebbe registrare un aumento fino a +500% rispetto al 2007 in India e +400 in Cina, ad esempio.
Nel complesso, ogni anno si producono 40 milioni di tonnellate di e-waste: è sempre più impellente, quindi, definire regole e standard mondiali condivisi, oltre a un progetto per lo smaltimento efficace dei rifiuti elettronici che, invece, potrebbero rappresentare una risorsa economica e un potenziale per la creazione di posti di lavoro.
Di fatto, molti Paesi già utilizzano le discariche elettroniche per estrarre cobalto, oro, argento e palladio. Il tutto però oggi avviene utilizzando inceneritori o griglie a cielo aperto, quindi a discapito dell’ambiente.