Lo sfruttamento delle fonti energetiche è oggi di vitale importanza sia per il cittadino che per l’imprenditore. Nel tempo, infatti, l’aumento della domanda e la graduale riduzione della disponibilità porteranno ad un incremento dei costi energetici diretti ed indiretti, con pesanti ricadute sul comparto industriale. Proviamo allora a quantificare il rapporto benefici/rischi di tutte le forme di energia commercializzabili.
Energia: fonti, forme, utilizzo
Oggi, la principale distinzione tra le fonti di energia è in relazione alla loro “disponibilità futura”: energie esauribili o inesauribili, rinnovabili o non rinnovabili. In realtà, la prima distinzione da farsi è quella tra energia cinetica (legata al movimento) ed energia potenziale (legata alla posizione). Da qui seguono le altre forme di energia: meccanica, chimica, radiante, potenziale elettrica, termica, nucleare.
Le fonti di energia, però, non sono tutte “sfruttabili“. I requisiti per esserlo? Che sia concentrabile fisicamente entro un’area opportunamente limitata (come il bacino di raccolta delle centrali idroelettriche); indirizzabile (trasportata verso un sistema di utilizzo, raccolta o trasformazione); frazionabile e regolabile (divisa e utilizzata secondo determinati criteri e mezzi); continua (che possa fornire energia per un tempo congruo).
Le fonti di energia primaria sono disponibili direttamente in natura e sfruttabili senza richiedere alcuna trasformazione di forma. Ad esempio l’energia solare e l’energia geotermica, ma anche il petrolio grezzo ed il gas naturale. Le fonti di energia secondaria o derivate (ad esempio l’energia elettrica) sono generate a partire da una o più di esse.
Fonti rinnovabili
Mentre le fonti energetiche inesauribili come Solare e Geotermia sono e saranno sempre disponibili e non soggette a esaurimento, le Rinnovabili sono da considerarsi fonti rigenerabili in tempi brevi, legati al ciclo naturale e quindi in continuo rinnovo: energia idroelettrica, solare (solare termico, fotovoltaico, termoelettrico ), eolico, da moto ondoso, geotermica, biomasse (compreso il legno) purché si rispetti il vincolo di un tasso di utilizzo inferiore o uguale al tasso di rigenerazione della risorsa.
In origine si definivano energie alternative quelle diverse dalle fonti tradizionali, ossia i combustibili fossili. Questo per far capire che non si tratta sempre e solo di fonti “pulite” o rinnovabili: attualmente, infatti, molti annoverano tra di esse anche l’energia nucleare.
Fonti non rinnovabili
Le fonti energetiche esauribili e non rinnovabili sono quelle che, con il ritmo attuale di sfruttamento, spariranno dal nostro pianeta perché, per rigenerarsi, avrebbero bisogno dello stesso periodo di tempo che ha portato alla loro formazione (migliaia di anni). Parliamo di combustibili come carbon fossile, petrolio, gas naturali e combustibili nucleari.
La connessione tra utilizzo di fonti fossili e incremento dell’inquinamento (in primis polveri e ossidi di carbonio) – con ripercussioni quali effetto serra, riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacci polari ed espandersi della desertificazione – rende oggi più che mai attuale il dibattito sulla scelta delle più adeguate fonti energetiche su cui investire.
Una discussione che dovrebbe basarsi su due aspetti chiave: economicità e sostenibilità ambientale delle fonti energetiche. La ricerca di fonti energetiche che abbiano, otre ai soliti requisiti di utilizzabilità, quelli di economicità e sostenibilità, ha portato l ‘ attenzione verso le fonti alternative.
Impatto economico e ambientale
Ad oggi, i combustibili fossili coprono circa il 90% del fabbisogno energetico mondiale mentre solo il 10% proviene da energie alternative, il cui impatto ambientale è in genere inferiore rispetto a tutte le altre: molte hanno un impatto diretto di produzione di residui e scorie pari a zero (eolico e solare, ad esempio).
Questo non basta a identificarle come fonti “pulite”. Il loro sfruttamento, analizzato ad esempio sul ciclo di vita degli impianti, non è detto che abbia un impatto nullo sull’ambiente.
Nelle riflessioni sull’approvvigionamento energetico, infatti, si fa spesso a meno di parlare dell’inquinamento indiretto dovuto all ‘ utilizzo o alla trasformazione di una fonte di energia. Un discorso valido dovrebbe comprendere riflessioni su tutta la filiera energetica, a partire dai sistemi di produzione (costruzione, mantenimento, rischi certi e probabili per l’ambiente ) sino a quelli di distribuzione.
Le stesse riflessioni sono da riportarsi in ambito economico, dove nelle tabelle che confrontano il costo (spesso riferito al costo dell’energia elettrica prodotta da quella fonte) sono spesso assenti riferimenti ai costi di impianto e/o di gestione (o smaltimento) dei residui e degli impianti stessi.
Una nota a margine: idrogeno ed elettricità sono da considerarsi a tutti gli effetti vettori di energia (o fonti secondarie), pertanto i problemi di inquinamento non vengono annullati dal loro utilizzo, in quanto semplicemente spostati a monte.
Fabbisogno di energia
I dati ufficiali sul fabbisogno energetico sono forniti dall’I.E.A. (International Energy Agency) espresse in Mtoe (milioni di toe dove il toe è l’energia rilasciata da una tonnellata di petrolio grezzo pari a circa 42.000.000 KJ). L’indice TFC (Total Final Consumption) proposto dalla IEA è invece la somma dei consumi nei vari settori, e comprende anche l’impiego a fini non energetici.
La richiesta energetica presenta un trend di sostanziale crescita per tutte le componenti analizzate. Le cifre Enerdata 2010 sull’energia primaria (per fonte) presentati dall’Autorità per l’Energia, ci permettono di evidenziare, per ogni fonte, i due paesi con le maggiori percentuali di utilizzo.
Essendo la crescita del PIL legata al fabbisogno e pertanto alla disponibilità di energia, va via via consolidandosi l’interesse collettivo per le politiche energetiche nazionali ed internazionali. Ancor più dopo la firma del protocollo di Kyoto, che punta tutto sulla riduzione sistemica dei gas serra (anche se il meccanismo chiamato Emissions Trading dà un valore economico alle emissioni e ne permette la vendita).
Per ridurre l’emissione di inquinanti senza chiudere i rubinetti energetici, ci sono dunque due strade da seguire: aumentare l’efficienza energetica del sistema paese (dalla trasformazione energetica alla distribuzione sino all’utilizzo finale) in modo da consentire uno scenario di crescita senza alterare il fabbisogno energetico; fare riferimento a fonti di energia alternative.
L’una non esclude l’altra, anzi sarebbe auspicabile vedere lo sviluppo di entrambe le politiche. Se ci concentriamo sulla necessità di disporre di energia elettrica, si rimarca l’importanza delle fonti primarie, e in particolare alle fonti alternative.
Costo dell’energia
Guardiamo i dati forniti dall’Autorità per l’Energia sul “costo medio di fornitura al cliente finale” (in €/KWh), dell’energia elettrica per l’industria e per i clienti residenziali.
Ciò che rende complesso e particolare il mercato elettrico, come abbiamo visto, è che l’energia elettrica non può essere immagazzinata: questa componente impatta anche sul costo dell ‘ energia per un semplice ammortamento sul monte ore dei costi di impianto. Le centrali di base (quelle a servizio continuo), avranno quindi un impatto sul costo unitario minore rispetto a quelle che riescono a modulare la potenza fornita per far fronte ai picchi di richiesta. Discorso ancor più complesso quello sulle produzioni non programmabili, quali eolico e solare. In generale, il costo di produzione del chilowattora (kWh) elettrico è influenzato da vari fattori:
- tipologia e dimensione della centrale (tipo di distribuzione, numero di unità di produzione, potenza totale );
- capitale investito, oneri finanziari e vita utile dell’impianto;
- costo del combustibile e altri costi di esercizio;
- costi ambientali (per il protocollo di Kyoto);
- smantellamento della centrale e gestione delle scorie (solo per il nucleare).
A formare il prezzo di vendita, però, contribuiscono anche altri elementi come:
- costi di distribuzione e relative perdite;
- oneri per il bilanciamento (distonia tra bisogno programmato e domanda effettiva);
- “costi non recuperabili” o “stranded costs” (costi di compensazione riconosciuti ai produttori in seguito alle liberalizzazioni dei mercati).
- Altri costi “tariffari” come gli incentivi, i costi ambientali, tassazioni
La componente “fonte di energia” è dunque solo una delle voci di costo dell’energia. Inoltre, l’Italia ha dei meccanismi di tassazione (la cosiddetta doppia fiscalità) che di fatto portano a pagare l’IVA sugli oneri di sistema che già di per sé sono una forma di tassazione, o i prelievi da alcune componenti per finanziare il bilancio dello Stato.
La seguente tabella confronta le diverse fonti da cui si ricava energia elettrica: la principale fonte per l’Italia (come per tutti i paesi ad eccezione della Francia) è il termoelettrico, ma il nostro paese spicca anche per l’uso della geotermia.