E-waste, un business per Pmi. Il caso eco-rete

di Alessandro Vinciarelli

13 Aprile 2010 10:00

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I rifiuti hi-tech aumentano: in attesa di regole più precise per la raccolta e lo smaltimento, alcune piccole realtà sono riuscite a definire dei modelli di business in grado di monetizzare il fenomeno

Il comparto IT produce tecno-rifiuti a un ritmo crescente. Sono infatti in continuo aumento le discariche di materiali elettronici (computer, telefonini, palmari, stampanti, ecc.) che a fine ciclo di vita – in media dai 4 agli 8 anni – finiscono per accumularsi in attesa di smaltimento.

I paesi tecnologicamente più avanzati e quelli emergenti producono oltre 40 milioni di tonnellate di e-waste (spazzatura elettronica) generando nel complesso oltre 40 milioni di tonnellate di rifiuti, a un ritmo incrementale stupefacente.

In attesa che le istituzioni definiscano ulteriori regole, in grado di snellire il processo di raccolta e smaltimento, molte Pmi hanno saputo cogliere questa opportunità consapevoli che l’e-waste può rappresentare una risorsa economica e una innovativa fonte di business

L’ultimo rapporto UNEP (United Nations Environment Programme), “Recycling – From E-Waste to Resources“, descrive puntualmente la situazione dell’e-waste a livello globale, dettagliando le tipologie di rifiuti, le nuove tecnologie utili allo smaltimento e le potenzialità del recupero e riconversione delle apparecchiature.

Una gestione oculata del processo di smaltimento consentirebbe per prima cosa di estrarre cobalto, oro, argento e palladio, creando nuove figure professionali e nuovi possibilità lavorative.

L’importante è stabilire le regole del gioco e individuare il giusto compromesso tra sfruttamento delle risorse e Ambiente. Purtroppo, invece, è ormai una triste consuetudine osservare impianti di smaltimento che utilizzano inceneritori o griglie a cielo aperto, oppure progetti di riuso in paesi svantaggiati che, con la scusa diffondere la cultura informatica, non fanno che “esportare” spazzatura IT.

Esistono iniziative internazionali e nazionali che colgono a piene le vere opportunità dell’e-waste trasformandole in progetti reali con risultati tangibili. È il caso di eco-rete, ad esempio, iniziativa tutta italiana per il recupero di apparecchiature hi-tech.

Nata dall’azienda Semantic nel 2007, eco-rete sviluppa il progetto specifico di ricondizionamento delle apparecchiature di rete e server. Pertanto non vende apparecchiature nuove di brand ma acquista materiale usato da riconvertire, verificare e rivendere (refurbish).

Ancora da considerarsi una Pmi in fase di sviluppo, vanta forza lavoro e partnership consolidate già significative. Grazie agli accordi commerciali e alle risorse messe in campo, l’assistenza per le apparecchiature ricondizionate è totale e spendibile su tutto il territorio nazionale.

Con queste premesse, nonostante in Italia ed Europa il livello di riconversione delle apparecchiature sia ancora basso (intorno al 3-5%), il fatturato a regime dopo una prima fase di start-up e comunicazione dell’offerta commerciale risulta in attivo, ma soprattutto in crescita del 30% negli ultimi 2 anni.

 

Sembra infatti che le aziende abbiano superato il periodo di diffidenza iniziale nei confronti delle apparecchiature riconvertite, soprattutto attratte dal grande risparmio economico. Indicativamente, chi acquista può beneficiare di un risparmio del 60% che, a secondo del modello e della disponibilità, può passare all’80%.

Per essere considerati “ricondizionati” e quindi immessi sul mercato, i prodotti devono chiaramente superare positivamente numerosi test e verifiche di sicurezza e affidabilità e, nel post-vendita viene offerta garanzia annuale e servizio di assistenza tecnica e di riparazione sull’intera rete nazionale.

Come promuovere questi prodotti tra i potenziali clienti? Nel caso di eco-rete il punto di primo contatto con le aziende è il sito web, mentre il rapporto commerciale si completa off-line per definire meglio il servizio e creare una relazione più solida e personalizzata.

Clienti ideali sono le Pmi, interessate sia alla vendita dei propri sistemi usati, sia all’acquisto di materiale refurbished, con un gap tra le due fasi (assolutamente indipendenti) che al momento è del 20% in favore delle possibilità di vendita.

Il modello di business messo in campo sul territorio nazionale è ispirato a consolidate realtà internazionali, come la statunitense Network Liquidators, che ha stipulato accordi di partnership con le maggiori realtà di produzione hardware e i principali vendor del comparto apparecchiature di rete come Cisco System, HP, Compaq, Juniper Network, Nortel Network ed Extreme Network.

Il progetto, almeno in USA, funziona ed ha già portato l’azienda a risultati soddisfacenti in termini di fatturato e riconoscimenti ufficiali, tra cui la presenza tra le migliori aziende nella categoria “Emerging Technology Company” nel Tampa Bay Technology Forum Annual Industy Achievement Awards del 2007.

Viste le possibilità di business, nei prossimi anni si attende quindi uno sviluppo significativo dei mercati di riconversione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, anche sulla scia della crescente attenzione per la sostenibilità ambientale e la eco-compatibilità.