Rinnovabili a prezzi fissi: l’impatto dei PPA sul costi delle aziende

di Anna Fabi

Pubblicato 26 Luglio 2023
Aggiornato 30 Maggio 2024 09:38

PPA (Power Purchase Agreement) per la fornitura energetica da Rinnovabili a prezzo definito: stima Cerved dei risparmi per le imprese, a partire da quelle energivore.

Il Power Purchase Agreement (PPA), accordo di fornitura di energia da fonti rinnovabili a prezzi definiti, permette alle aziende di coprirsi, almeno in parte, dall’impatto delle fluttuazioni dei prezzi di mercato.

In Europa ne sono stati siglati fino a oggi per 45 GW. L’Italia rappresenta circa il 3% del mercato europeo, con circa 2 GW di PPA.

Cosa sono i PPA

I PPA sono contratti a lungo termine per la fornitura di energia elettrica rinnovabile. In Italia non sono ancora sufficientemente diffusi ma si stanno affermando come strumento utile alle aziende per sostenere gli investimenti.

I vantaggi dei PPA e del Fotovoltaico per le aziende

«Il PPA si configura come uno strumento strategico e vantaggioso – spiega Andrea Mignanelli, amministratore delegato Cerved – perché favorisce l’utilizzo di fonti energetiche pulite, in particolare il fotovoltaico, supporta la transizione verso gli obiettivi ambientali, consente la stabilizzazione dei costi e la diversificazione dell’approvvigionamento energetico, migliora la competitività delle aziende che lo sottoscrivono».

I vantaggi cambiano a seconda del settore di appartenenza dell’impresa e della collocazione geografica, con un valore preponderante per le imprese energivore.

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In base ai calcoli di Cerved, se le oltre 3.700 imprese energivore italiane li sottoscrivessero, risparmierebbero dai 2,6 ai 4 miliardi nei prossimi tre anni (a seconda dell’andamento dei prezzi dell’energia) e coprirebbero quasi 10mila GWh l’anno dei propri consumi (56mila GWh in totale) con energia fotovoltaica (con PPA ai prezzi delle rinnovabili).

Imprese energivore: la fotografia italiana

Le energivore italiane – che rappresentano un quinto dei consumi energetici nazionali – sono numericamente poche (lo 0,4% delle imprese italiane) ma di dimensioni medio grandi, generando 40 miliardi di valore aggiunto (6%) e impiegando 450mila addetti.

Sono prevalentemente attive nei settori plastica e imballaggio, materiali da costruzione e metalli. Si concentrano nel Nord ma hanno una presenza significativa anche in alcuni distretti industriali del Sud, come ad esempio Taranto per la siderurgia.

I settori con le quote di consumo energetico più alte e con le imprese più grandi, sono i metalli, i materiali da costruzione e il chimico, ma nella plastica, negli imballaggi e nel tessile la quota maggiore di consumi si deve a imprese che si attestano intorno ai 40 GW.

Rinnovabili PPA per risparmiare su costi e consumi

Per quanto riguarda i settori, la sottoscrizione di PPA a prezzi allineati al costo medio orario dei nuovi impianti rinnovabili comporterebbe un risparmio maggiore per i metalli (392 milioni di euro in tre anni), nella chimica (376 milioni) e nella plastica (371).

Considerando l’incidenza sulla redditività, gli effetti più rilevanti si avrebbero nell’agroalimentare (8,9%) e nell’industria casearia e della carne (8,1%), in quella estrattiva (7,3%) e nella plastica. (6,4%)

A livello geografico, a beneficiarne di più in termini percentuali sarebbero soprattutto Abruzzo (7,3%), Toscana (6,8%), Molise (6,5%) e Sardegna (6,4%), caratterizzate da distretti industriali energivori in cui la transizione energetica rappresenta un volano per la competitività, mentre in cifra assoluta sarebbe la Lombardia (715 milioni di euro).

PPA: stime Cerved sui risparmi per le energivore

In base ai dati Cerved (che ha attribuito un rating a 1.335 delle 3mila 715 società energivore), 161 hanno consumi superiori a 40 GWh, una classe di rating “Investment Grade” e potrebbero coprire i propri consumi elettrici con produzione fotovoltaica per circa 3mila 200 GWh, preservando una classe elevata di merito creditizio, in particolare nei materiali da costruzione, nei metalli, nel settore chimico e nei prodotti di carta, di plastica e per imballaggio.

Ben 660, invece, coi potenziali risparmi energetici, potrebbero pianificare investimenti addizionali per 25 miliardi di euro, auspicabilmente in ottica di sostenibilità, mantenendo la stessa fascia di rischio.