Niente stretta sulle emissioni di auto, furgoni e mezzi pesanti: Italia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria hanno inviato un documento alla Commissione Ue sui punti ritenuti più problematici.
Secondo gli 8 Paesi contrari alla nuova norma Euro 7, l’attuale proposta di Regolamento non «è realistica e rischia di avere effetti negativi sugli investimenti nel settore, già impegnato nella transizione verso l’elettrico». Ci sono una serie di rilievi tecnici sui nuovi limiti alle emissioni, ma i rilievi si concentrano soprattutto sulle attuali date di entrata in vigore dei nuovi obblighi, ovvero fine 2025 per auto e furgoni e fine 2027 per i veicoli pesanti.
I margini per modificare il Regolamento Euro 7 ci sono, la proposta di Bruxelles deve ancora affrontare il consueto iter istituzionale: Europarlamento, Consiglio e Trilogo.
Cosa prevede la norma Euro 7
I limiti imposti dalla normativa Euro 7 riguardano automobili e veicoli commerciali leggeri fino a 200.000 chilometri e 10 anni di utilizzo e prevedono che si raddoppino i valori della norma Euro 6, con aumenti analoghi anche per autobus e camion.
Il limite di emissione di ossidi di azoto (NOx) è unificato a 60 mg/km per motori a benzina e gasolio e sono previsti limiti di emissione anche per protossido di azoto da parte dei veicoli pesanti.
Infine, si introduce un requisito per i limiti di emissione del particolato da freni e gomme, anche per le auto elettriche ed una durata minima delle batterie installate.
I costi di progettazione e sviluppo dei nuovi motori rischiano però di essere troppo alti visto che avranno una vita di mercato di pochi anni, considerata la spada di Damocle dello stop ai motori diesel e benzina dal 2035: secondo le stime dei produttori, si parte da almeno 1000 euro a vettura, con rincari a catena anche per l’acquirente finale (di almeno 2mila euro).
Ci sono i numeri per lo stop a Euro 7
Se le otto nazioni votassero realmente per fermare la proposta di nuovo Regolamento, in effetti il fronte comune potrebbe davvero fermare l’approvazione della normativa Euro 7 dal momento che, assieme, gli 8 Paesi della “coalizione anti Euro 7” (Francia, Italia, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria e Slovacchia) rappresentano il 49% della popolazione UE e che per il sì del Consiglio ci vuole l’approvazione del 65% (oltre al 55% dei Paesi).
Il fronte del no si oppone «a qualsiasi nuova norma sulle emissioni di gas di scarico (compresi nuovi requisiti di test o nuovi limiti di emissione) per auto e furgoni poiché distoglierebbe gli investimenti del settore» per centrare l’obiettivo del 2035».
Tanto più che i risultati stimati per la norma Euro 7 comporterebbero solo il 4% per le auto ed il 2% per i camion in termini di maggiore abbattimento delle emissioni. Un obiettivo non proporzionato alle conseguenze per l’industria dell’Automotive.
Automotive sotto pressione UE
Il riferimento alla pressione acui sono già sottoposti i costruttori di veicoli è alla direttiva Ue sullo stop ai motori endotermici dal 2035. Una norma che impone alle case automobilistiche scelte strategiche sulla riconversione della produzione- E la volontà di impedire sovrapposizioni legate a standard intermedi è alla base delle posizioni critiche.
Neppure l’apertura dell’Unione Europea ai biocarburanti aiuta paesi come l’Italia, dove le auto a combustione interna basate sugli e-fuel non sono ancora mature per il nostro mercato, che ha investito su altre tecnologie.
Nelle scorse settimane, il Presidente di ACEA (Associazione dei costruttori auto europei) e AD di Renault, Luca de Meo, aveva già lanciato l’allarme sul rischio di perdita di competitività dell’automotive in Europa.
Molte casi automobilistiche hanno adesso minacciato la chiusura di stabilimenti produttivi (ad esempio Skoda nella Repubblica Ceca), con effetti a catena anche sul mercato del lavoro, sicuramente non auspicabili in una fase in cui mantenere la barra dritta è fondamentale per evitare la recessione.
I possibili scenari
Vista la situazione, con mezza Europa già in forte tensione anche su altre misure del Green Deal UE – dalle nuove norme in Agricoltura al nuovo standard Eodesign che bannerebbe le caldaie a gas dal 2029 – la Commissione Europea potrebbe decidere per un compromesso e rimandare l’entrata in vigore delle nuova norma, ad esempio con uno slittamento di tre anni rispetto all’attuale tabella di marcia.
Il dibattito è ancora aperto, ma sembra difficile che si possano ignorare istanze così nette e compatte, in un momento storico in cui l’economia versa in una situazione di grave incertezza dovuta ad una serie di concause geopolitiche di enorme portata.