Approvata in via definitiva la Direttiva Case Green (Energy Performance of Buildings Directive – EPBD), che introduce una roadmap per la riqualificazione energetica degli edifici, con i primi obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni al 2030 e target finale di neutralità climatica entro il 2050.
Venerdì 12 aprile l’Ecofin (il Consiglio dei ministri europei dell’Economia) ha ratificato il testo della direttiva (approvato il 12 marzo dal Parlamento Europeo) con la maggioranza di 20 voti a favore. Hanno votato contro 2 Stati membri, ossia Italia e Ungheria, mentre si sono astenute Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Svezia.
Entro due anni dall’entrata in vigore della direttiva ogni Paese dovrà elaborare un piano nazionale di attuazione, senza per ora contare su risorse europee certe.
Ingenti i costi stimati da qui al 2030, pari a 275 miliardi l’anno di cui 152 ancora da reperire. Particolarmente complessa la situazione in Italia, dove sono almeno 5 milioni gli edifici in classe F e G. Toccherà al Governo trovare la via per sostenerli.
Direttiva UE Case Green: cosa prevede
Si tratta dell’ultima revisione del provvedimento Energy Performance of Buildings Directive EU/2010/31 nell’ambito del pacchetto Fit-for-55.
La direttiva europea ribattezzata “Case Green” riguarda le prestazioni energetiche degli edifici, che dovranno raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
I primi traguardi da raggiungere, però, sono fissato molto prima: entro il 2030, con un secondo step entro il 2035, bisognerà ridurre in modo drastico il consumo energetico e le emissioni di gas inquinanti emessi dagli edifici residenziali, per poi puntare alla realizzazione di immobili che non producano emissioni inquinanti entro il 2050.
Per meglio scandire le tappe di questo complesso percorso, la direttiva stabilisce traguardi differenziati per immobili pubblici e residenziali, nonché tra vecchie e nuove costruzioni.
Gli obiettivi intermedi
Nella versione finale della direttiva europea ci sono disposizioni specifiche per le diverse tipologie di edifici (nuovi, residenziali, privati o di proprietà dello stato) e per dispositivi connessi, come climatizzatori e caldaie.
Tra gli obblighi in questo senso, spicca il divieto di installare caldaie a gas dopo il 2040, mentre è saltato l’obbligo di installare impianti fotovoltaici su tutti i tetti non di nuova costruzione.
Gli edifici residenziali esistenti saranno obbligati a ridurre i consumi del 16% entro il 2030 e del 20% entro il 2035. Il risparmio dovrà essere assicurato per il 55% dal taglio dei consumi per almeno il 43% di edifici con le peggiori prestazioni energetiche.
Gli edifici pubblici dovranno essere riqualificati per almeno il 16% entro il 2030 ed il 26% entro il 2033.
Infine, dal 2050 tutti gli edifici dovranno essere costruiti a emissioni zero. In realtà, dovranno già esserlo dal 2028 quelli di proprietà pubblica e dal 2030 quelli dei privati.
Esenzioni e deroghe
La direttiva include esenzioni per edifici particolari e per quelli utilizzati temporaneamente. Non sono ad esempio soggetti al cronoprogramma:
- edifici storici, quelli di proprietà delle Forze Armate e quelli con funzione di luoghi di culto;
- fabbricati temporanei (utilizzabili per massimo sue anni) e quelli con superficie utile inferiore a 50 metri quadrati;
- seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno o con consumo energetico non superiore al 25% di quello stimato su base annua.
Efficienza edifici: le tappe in calendario
La versione iniziale della Direttiva Ue sulle Case Green prevedeva obiettivi precisi di miglioramento delle prestazioni energetiche, per esempio il raggiungimento della classe energetica E per tutti gli edifici residenziali entro il 2030 e della classe D dal 2033. Il testo finale è invece meno stringente.
Come detto, gli Stati membri si sono impegnati a ridurre del 16% il consumo energetico degli edifici residenziali entro il 2030, nello stesso anno dovranno essere ad emissioni zero tutti i nuovi edifici residenziali (quelli pubblici dal 2028), con obbligo di eliminare le caldaie a gas entro il 2040. Entro il 2050, tutto il patrimonio edilizio esistente dovrà raggiungere lo standard zero-emissioni.
Ricapitolando, ecco gli step intermedi, con distinzione tra edifici residenziali e non residenziali.
- Riduzione consumi per edifici non residenziali con le peggiori prestazioni: del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033;
- Riduzione del 20-22% per l’intero comparto residenziale entro il 2035, con il 55% del calo derivante da ristrutturazione di edifici con prestazioni peggiori (il 43% del patrimonio edilizio esistente).
Edifici esistenti
Saranno gli Stati membri a stabilire con quali regole e progressioni centrare i target, che a loro volta sono più flessibili. Ovvero: gli edifici dovranno aumentare l’efficienza del 16% entro il 2030.
Al 2035 ci sono invece obiettivi differenziati:
- il settore residenziale dovrà portare il risparmio al 22%
- il non residenziale è chiamato a ridurre i consumi di energia al 26%.
Dal 2032 gli immobili ristrutturati avranno l’obbligo di installare impianti fotovoltaici.
Dal 2040 scatta lo stop alle caldaie a gas ma già dal 2025 devono terminare gli incentivi (restano possibili quelli per i sistemi ibridi).
Nuove costruzioni
- Dal 2028, gli edifici pubblici di nuova costruzioni dovranno essere tutte a emissioni zero. Entro la stessa data, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno avere impianti fotovoltaici.
- Dal 2030 anche le nuove costruzioni residenziali private dovranno essere ad emissioni zero.
Il crono-programma in Italia
Il nuovo accordo permette ai Governi la possibilità di definire un proprio crono-programma intermedio (in base ai Meps – Minimum Energy Performance Standards) nei limiti dei macro-paletti UE.
Di particolare interesse per l’Italia, questa novità rende possibile per gli Stati Membri di fissare le tappe tramite cui arrivare al net zero nel 2050.
Si basa su un cambio di paradigma, applicato anche per il raggiungimento degli obiettivi intermedi: a rilevare non sono più le emissioni dei singoli edifici ma la media dei consumi dell’intero patrimonio edilizio nazionale.
L’Italia è toccata fortemente dai nuovi vincoli, proprio per la peculiare composizione del suo patrimonio immobiliare: secondo l’ultimo rapporto Enea oltre la metà delle abitazioni residenziale è in classe energetica G o F, i due livelli più bassi di prestazione energetica.
Il nuovo approccio sulle tappe di adeguamento previste dalla direttiva, che impone la riqualificazione per tutti gli edifici residenziali nelle classi E, F, G si è evoluto in favore di una sorta di liberalizzazione nazionale, seppur nel rispetto di parametri di massima stabiliti dalla UE.
La soluzione individuata è dunque quella di lasciare ai singoli governi l’autonomia di definire il calendario meglio aderente al proprio scenario di partenza, pur rispettando una serie di vincoli e target comuni a tutti gli Stati membri.
Efficienza edilizia residenziale: la situazione in Italia
In base ai dati ENEA, 11 milioni di abitazioni in Italia (il 74%) sono in classe energetica inferiore alla D:
- il 34% è in classe G,
- il 23,8% in classe F,
- il 15,9% in classe E.
I primi ad essere interessati sono circa il 60% degli immobili residenziali, che dovranno necessariamente procedere con i lavori di adeguamento agli standard di prestazione energetica entro il 2030).
I costi per riqualificare casa
Secondo le associazioni di settore, per la riqualificazione energetica di un abitazione residenziale in classe G o F possono volerci fino a 120.000 euro per singola unità abitativa, considerando anche la quota dei lavori condominiali.
Si tratta sostanzialmente di costi analoghi a quelli stimati per i lavori del Superbonus, con la differenza che accedervi è oggi sempre più difficile e meno conveniente.
Il passaggio di almeno due classi energetiche richiede esternamente la coibentazione dell’edificio e la sostituzione della caldaia con la possibile installazione di pannelli fotovoltaici.
All’interno delle abitazioni è necessaria, per le case in classe energetica inferiore, la sostituzione di infissi e finestre e la possibile sostituzione degli impianti a gas con altri meno inquinanti, peraltro a breve gli unici con accesso ad incentivi.
La posizione del Governo italiano sugli incentivi
Il voto contrario all’Ecofin del ministro italiano dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nella si motiva con l’incertezza sulle risorse economoche necessarie a sostenere gli ingenti costi di riqualificazione.
È giusto immaginare di rifare tutte le case green, ma chi le paga? Le famiglie? Gli Stati? L’Europa?
Per l’Italia si tratta di centinaia di miliardi di euro, solo in parte coperti da fondi europei.