Arriveranno a giugno i primi bandi europei per le PMI innovative che rientrano nel programma Horizon 2020, recentemente aperto dall’UE anche ai professionisti.
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In questo ambito l’UE ha dato vita al progetto Innovation in SMEs’ che rappresenta una delle più importanti novità di Horizon 2020, uno strumento pensato per sostenere l’innovazione degli oltre 20 milioni di piccole e medie imprese europee. Si parla in totale di 621 milioni di euro destinati, per questa prima call, esclusivamente alle PMI innovative. In generale è stato stanziato un budget di quasi 3 miliardi di euro in 7 anni per la concessione di finanziamenti a fondo perduto nella misura del 70% dei costi sostenuti in progetti innovativi. La strategia dell’UE è quella di puntare sulle PMI, spina dorsale dell’economia del vecchio continente, e sulla loro competitività basata sull’innovazione e la capacità di sviluppare nuovi business sui mercati internazionali per raggiungere gli obiettivi della Strategia Europa 2020 di crescita e occupazione.
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I progetti che possono essere presentati per partecipare al bando sono quelli basati su idee bottom up in tutti gli ambiti disciplinari. Isella Vicini, Direttore della European Funding Division di Warrant Group che ha partecipato alle call di marzo con ben 12 progetti sottolinea che si tratta di un’occasione da non perdere per le imprese del nostro Paese, visto che
“sinora l’Italia non è mai stata in grado di ripagarsi gli investimenti fatti. Il saldo tra i progetti finanziati e il costo sostenuto dal Paese come contributo al budget complessivo dei Programmi Quadro è da sempre in negativo. A livello macro, questo significa che l’Italia ha contribuito per 25 anni, tanto tempo è passato dal Primo Programma Quadro, a finanziare la ricerca dei propri competitor sparsi per l’Europa”.
Perché le PMI italiane si possano garantire un maggiore accesso ai bandi Horizon 2020, vincendo la sfida con le competitors di tutt’Europa è necessario, spiega, puntare:
“alla migliore soluzione scientifica, alla miglior squadra messo in campo, all’impatto economico e scientifico atteso a fine progetto, e infine al budget di spesa”.
In più ogni progetto deve avere:
“un coordinatore scientifico, uno o più core-partner e almeno due end-user. E i consorzi devono essere internazionali e vedere la presenza di almeno 3 dei 28 Paesi Membri”
Bisogna quindi che le nostre imprese si organizzino per tempo e con assoluta dedizione, perché
“rispondere a tutti questi aspetti in maniera strutturata, mettendo in piedi la miglior squadra europea possibile, non è un’attività che si può improvvisare durante i ritagli di tempo”.