Le agevolazioni concesse alle PMI non possono prescindere, ai fini della loro corretta individuazione, da un’analisi sostanziale dell’eventuale rete di collegamenti di cui l’impresa fa parte, ovvero dell’individuazione delle “imprese associate” o “imprese collegate”. Lo ha precisato il Consiglio di Stato con la recente Sentenza n. 1020/2014 con la quale si è pronunciato sull’appello dell’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e Lo Sviluppo D’Impresa, proposto contro la sentenza del TAR Lazio che escludeva l’impresa ricorrente dalle agevolazioni imprenditoriali per mancanza dei requisiti previsti dall’all’art. 2, 1 comma, D.M. 250/2004 che in attuazione dell’art. 24 D. Lgs. 185/2000 detta disposizioni in tema di incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego.
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Collegamento tra imprese
All’impresa in questione era stata negata l’erogazione delle agevolazioni perché non rientrante nella nozione di piccola impresa a causa del collegamento ex art. 2359 c.c. che considera “collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole”. L’evidenza del collegamento era data dall’identità degli organi amministrativi in cui i soci della ricorrente detenevano il 50,01% del capitale della media impresa, nonché la complementarietà degli oggetti sociali delle due società interessate. Da notare che si tratta di un collegamento non riferibile direttamente alle imprese ma esclusivamente alle persone fisiche partecipanti alle società.
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Il CdS ha però precisato che “un’impresa può essere ritenuta collegata ad un’altra impresa tramite una persona o un gruppo di persone fisiche che agiscono di concerto, a patto che esercitino la loro attività o una parte delle loro attività sullo stesso mercato in questione o su mercati contigui”. Pertanto prendere in esame le relazioni come fatto nel caso specifico dall’Amministrazione è da ritenersi lecito.