Per 5 aziende su 8 (40%) la richiesta di prestiti è finalizzata a riuscire a pagare le tasse e tra le imprese di dimensioni minori (micro e PMI) la percentuale sale al 62%: si tratta di 76.200 PMI. A rivelarlo è l’indagine dell’ufficio studi di Unimprese effettuata tra le proprie associate.
IMU e IRAP
Tra le scadenze fiscali che gli imprenditori fanno maggiore fatica ad onorare, in cima alla lista c’è l’IMU, tanto da portarli a rivolgersi agli istituti di credito per un prestito. Tra le imprese in maggiore difficoltà con il Fisco a causa dei versamenti fiscali sugli immobili ci sono gli operatori turistici, soprattutto per le tasse sugli alberghi; le piccole industrie e le fabbriche per i capannoni; la grande distribuzione organizzata relativamente ai supermercati. Al secondo posto c’è l’IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive che si paga anche quando i bilanci sono in perdita. =>Legge di Stabilità: meno tasse su imprese e lavoro
Fine del sistema economico
«Tutto ciò genera un triplo effetto negativo sui conti e sulle prospettive di crescita delle aziende. Il primo è l’apertura di linee di credito destinate a coprire le imposizioni fiscali invece di nuovi investimenti, il che limita la natura stessa dell’attività di impresa. Il secondo problema sorge, poi, alla chiusura degli esercizi commerciali, quando il valore degli immobili posti a garanzia dei “prestiti fiscali” va decurtato in proporzione al valore dell’ipoteca, con una consequenziale riduzione degli attivi di bilancio. Il terzo “guaio” è relativo a eventuali, altri finanziamenti per i quali l’impresa deve affrontare due ordini di problemi: meno garanzie da presentare in banca e un rating più alto che fa inevitabilmente impennare i tassi di interesse», spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. «Questa è la prova che un sistema tributario troppo pesante si accanisce sulle imprese fino a portarle allo sfinimento, se non al fallimento. Attivare linee di credito per pagare le tasse è assurdo: vuol dire la fine del sistema economico. Di fatto l’impresa si trova morsa in una tenaglia, con fisco e credito che tagliano le gambe e chiudono le porte del futuro. Alla fine il conto arriva anche per lo Stato: un’impresa che annaspa diventa un contribuente meno “generoso” e pure il gettito tributario ne risente e non poco sia sul fronte dell’imposizione diretta (a esempio l’IRES) sia su quello dell’imposizione indiretta (come l’IVA)», aggiunge Longobardi. Tasse=> sconti nel 2013, rincari nel 2014
Sofferenze bancarie
Ma la richiesta di prestito spesso non risolve i problemi visto che secondo il rapporto dell’associazione delle banche Abi le sofferenze bancarie sono in aumento soprattutto per quanto riguarda i pagamenti delle imprese di tutte le dimensioni, PMI in testa. In totale le sofferenze lorde a luglio hanno sfiorato quota 140 miliardi, pari a +25,5 miliardi rispetto all’anno precedente; quelle nette hanno raggiunto quota 71,9 miliardi, pari a +16,4 miliardi.
Più IVA meno tasse
«Pur ribadendo una contrarietà di fondo a qualsiasi innalzamento dei tributi, potremmo dare il nostro assenso a un eventuale scambio fra l’innalzamento dell’aliquota IVA dal 21% al 22% controbilanciato però da un taglio del cuneo fiscale. L’inasprimento della tassa sui consumi è pericoloso e corre il rischio di frenare le flebili speranze di ripresa economica. Tuttavia, potrebbe essere considerato il male minore rispetto a un concreto intervento sulle tasse a carico di aziende e dipendenti. Intervento che avrebbe un doppio effetto positivo: alleggerire i bilanci delle imprese e aumentare le disponibilità delle famiglie, che potrebbero così far fronte a un aumento dei prezzi consequenziale al rialzo dell’IVA» conclude il presidente di Unimpresa. =>Leggi di più sull’aumento IVA al 22%