Le misure di sostegno al credito delle Pmi da parte degli enti preposti sono oggi numerose e articolate (contributi a fondo perduto, a tasso zero o agevolato, ecc.) e teoricamente più o meno facili da ottenere. Generalmente, i contributi a fondo perduto sono i più ambìti e quindi con un più difficile accesso.
In realtà, però, per classificare le misure di sostegno economico più agevolmente accessibili, anche la dimensione geografica è una variabile da considerare: i contributi regionali o provinciali – banditi da Regioni, Province o Camere di Commercio – ad esempio sono sicuramente più accessibili rispetto a quelli nazionali, banditi dai Ministeri.
Lo stesso dicasi dei contributi riservati alle Pmi rispetto a quelli aperti anche a tutte le imprese, che potrebbero rapidamente esaurire le risorse disponibili e presentarsi in maniera decisamente più competitiva rispetto alle piccole e medie.
Altro fattore chiave: rispetto agli anni passati, i meccanismi di distribuzione adottati dalle istituzioni sono mutati. Alcuni strumenti e metodologie agevolative sono stati abbandonati e anche le imprese che già hanno ottenuto finanziamenti nel passato potrebbero non ritrovarsi nell’approccio impiegato attualmente dalla Pubblica Amministrazione.
Nella maggioranza dei casi, per ottenere un finanziamento pubblico oggi è necessario riferirsi a un bando, una “chiamata”, un invito a presentare domanda che generalmente ha scadenza più o meno ravvicinata rispetto alla data di pubblicazione. Fanno eccezione i “bandi a sportello“, cioè sempre aperti fino a una data molto lontana o fino all’esaurimento delle risorse disponibili.
Il bando specifica dettagli e requisiti: finalità (es.: penetrazione commerciale all’estero o innovazione) beneficiari (es.: Pmi con sede operativa in una determinata area geografica), spese ammissibili (es.: beni materiali per quote di ammortamento, personale interno, partecipazione a fiere), periodo temporale da considerare (es.: 12, 18, 24 mesi) e, ultimi ma non per importanza, stanziamento e modalità contributive (ad esempio a fondo perduto).
Alcuni bandi pongono ulteriori limitazioni alla richiesta di contributo, ad esempio esigendo la presenza di un gruppo di richiedenti, escludendo l’impresa singola o la presenza di un ente di ricerca per almeno una quota del valore del progetto presentato.
Considerando tutti questi elementi, un bando apparentemente molto generoso potrebbe già risultare poco significativo o addirittura non applicabile all’impresa.
Una volta individuato un bando di reale interesse, è necessario presentare un progetto, ovvero un documento che descriva un insieme di attività accomunate da uno o più obiettivi finali (preferibilmente misurabili) e attività svolte dal momento della presentazione della domanda fino al termine del progetto stesso.
A questo fine, è necessario che la piccola impresa e l’imprenditore che presenta domanda di accesso a un bando sia in grado di predisporre un business plan, ossia una pianificazione più o meno accurata che preventivi le spese, tra quelle ammissibili dal bando, che si intendono sostenere. Sono molto pochi i bandi che ammettono spese già sostenute.
Bisogna tenere a mente che la richiesta di contributi è un vero e proprio investimento, in quanto può rappresentare un processo costoso per l’impresa in termini di tempo e risorse: i formulari di presentazione dei progetti possono essere complessi e richiedere informazioni di difficile comprensione ai non addetti ai lavori. Inoltre in linea generale è necessario allegare alla domanda di contributo una lunga serie di documenti (bilanci, visure, dichiarazioni) che può risultare oneroso raccogliere, strutturare e organizzare.
Senza contare che ultimamente molti enti pubblici si sono dotati di piattaforme informatiche obbligatorie per la presentazione dei progetti, che richiedono un certo tempo per l’apprendimento all’uso. Quindi, è bene ponderare accuratamente questi elementi per capire se il gioco valga o no la candela.
Se si hanno poche risorse disponibili e poca esperienza, rivolgersi a società o professionisti esterni può essere un buon consiglio. Gli esperti nel reperimento di risorse finanziarie a favore delle imprese, di fatto, sollevano quasi completamente l’impresa dall’onere della presentazione.
Conoscendo approfonditamente bandi e meccanismi per massimizzare le probabilità di approvazione, consigliano come strutturare il progetto e realizzano la stesura del documento e la messa a punto degli allegati in autonomia. Questi soggetti operano generalmente a fronte di un basso compenso iniziale e sono poi retribuiti in base al buon esito della richiesta, assumendosi di fatto il rischio dell’insuccesso.
Inoltre, i soggetti specializzati in genere monitorano costantemente la pubblicazione di bandi da parte delle istituzioni pubbliche e hanno maturato relazioni consolidate con i responsabili dei procedimenti presso gli enti pubblici, potendo ottenere più facilmente chiarificazioni o indicazioni.
Se l’imprenditore e i suoi collaboratori hanno poco tempo da dedicare al monitoraggio dei bandi pubblicati, l’impresa rischia di lasciarsi scappare occasioni buone, che potrebbero non ripetersi nel giro di breve tempo. Un consulente propositivo, invece, segnala all’impresa le opportunità di potenziale interesse, una volta resesi disponibili, da valutare volta per volta.