Quello dei prestiti alle Piccole e Medie Imprese è di certo uno dei temi caldi del momento, alla luce della crisi economica: nonostante i numerosi programmi di sostegno e le misure congiunte Governo-ABI – oltre olle iniziative regionali – finora adottate per ridurre la pressione delle rate su prestiti e mutui (ad esempio con la moratoria sui debitri delle Pmi) e per agevolare l’accesso al credito, le difficoltà restano.
Molte piccole aziende denunciano ancora la scarsa collaboratività degli grossi istituti di credito – rispetto alle piccole banche, più flessibili e disponibili all’apertura di nuove linee di credito – gli ostacoli burocratici di Basilea II, che vincola le banche a stabilire requisiti severi in tema di garanzie societarie, e infine la difficoltà di accesso agli stanziamenti.
In pratica, la difficoltà concreta sta proprio nell’accensione di questi tanto necessari prestiti. Per questo si parla di banche sempre più restie alla concessione di finanziamenti, di crisi, e di fondi anti-crisi che non ci sono.
A confermare lamentele e difficoltà finanziarie del momento, palesate da bilanci e sondaggi nei più disparati settori, è anche la valutazione della BCE (Banca Centrale Europea), dalla quale sono emersi due dati significativi.
Il primo riguarda la domanda dei prestiti da parte delle Pmi italiane: in forte aumento. Il secondo, invece, riguarda la disponibilità degli istituti bancari, in relazione alle domande: in forte diminuzione.
Spostandoci nel concreto, è facile individuare quali sono le cause che impediscono a queste imprese di poter avere facile accesso ai finanziamenti.
In cima alla lista, vi sono le garanzie richieste dalle banche, ma anche l’entità, eccessivamente elevata per molti imprenditori, di tassi e costi in generale dei vari finanziamenti.
Pochi prestiti erogati, applicazione di spread terrificanti, pari al 9%, ed ancora difficoltà su difficoltà per le imprese.
Eppure, le possibili alternative per l’accesso agli aiuti economici da parte delle Pmi sarebbero numerose. Dallo sconto di Portafoglio Commerciale all’anticipo su fatture, passando per i prestiti immediati di denaro, apparirebbero infatti come numerose le strade per ottenere un prestito dagli istituti di credito.
Tuttavia, le difficoltà sono palesate dalla realtà. Prima fra tutte, l’impossibilità delle Pmi, come dicevamo, di soddisfare le richieste da parte delle banche, in materia di garanzie. Si è data vita a quello che viene definito credit crunch, ovvero l’inasprimento delle misure necessarie per l’erogazione di finanziamenti, legato alla preoccupazione delle banche in merito alla solvibilità dei clienti.
E allora, se già in principio si guardava con attenzione a fattori quali il business dell’azienda, la sua capacità di rimborsare in futuro il debito, le varie garanzie per la mitigazione del rischio (beni materiali, fidejussioni), tutto oggi è diventato più duro, proprio a causa del credit crunch, ossia la famigerata stretta creditizia.
Il tutto si tramuta in tassi più alti ma anche nell’innalzamento del livello di riserva obbligatoria da parte delle stesse aziende.
Tutto gira intorno a questa “stretta”, insomma. La quale giustificherebbe sia l’irrigidimento dei criteri indispensabili per l’accesso agli aiuti economici, sia l’innalzamento dei costi necessari per avviare il finanziamento, ma anche per mantenerlo sino all’estinzione.
Insomma, chiamarlo “circolo vizioso” probabilmente non sarebbe corretto – poiché tale terminologia non rientrerebbe nella precisa terminologia economica – ma la situazione non è delle più semplici: le banche inaspriscono le loro misure, le aziende non possono soddisfare le richieste delle stesse banche.
In questo tunnel, qualcuno tenta però di correre ai ripari: la Cassa Depositi e Prestiti Bancari, infatti, ha annunciato la riduzione dei tassi d’interesse applicati ai prestiti, diminuendo, inoltre, anche i differenziali sull’Euribor a 6 mesi di 15 basis point.