Italia a metà classifica in Europa per utilizzo del crowdfunding e buoni risultati anche sul fronte dell’accesso ai finanziamenti, mentre deve ancora lavorare su volumi, piattaforme, agevolazioni ed equity: le evidenze sono contenute nel report del Crowdfunding hub. Dal quale emerge la fotografia della Crowd Economy nel Vecchio Continente e gli elementi di traino: meno regolamentazioni rigide (come in Italia), più trasparenza nei dati, misure di stimolo per l’accesso alla finanza di PMI e startup, piattaforme internazionali, focus sulla FinTech.
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In Italia, i numeri sono in crescita: le piattaforme (dati a ottobre 2015) sono 82, con un aumento annuo del 68%. In aumento anche i progetti da finanziare (+108%), le campagne (+67%), il volume totale (+85%). In linea con le evidenze europee, i settori meno regolamentati (come donation e reward) registrano maggior crescita, mentre sono più lenti i segmenti più propriamente finanziari (prestiti, equity, investimenti). Che, diciamolo, sono anche più complessi.
L’Italia è stato il primo paese a predisporre un Regolamento sull’Equity crowdfuding, che la Consob ha via via ammorbidito per stimolare il settore (le operazioni si possono concludere direttamente onliine, mentre originariamente era prevista obbligatoriamente il completamento dell’investimento con modalità off-line). I paesi europei in cui si registra la maggior attività di equity crowdfunding: Gran Bretagna, Olanda, Francia, Germania, Austria, Spagna, Finlandia. In generale, per tutte le attività crowd economy, sul podio europeo ci sono Gran Bretagna, Olanda, Francia.
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Le banche stanno guardando con interesse allo sviluppo di questo mercato, nel quale però non sono ancora entrate. In generale, per le forme di crowdfunding si segnala che l’Italia rappresenta un grosso potenziale, rappresentato dalle start up e dalle PMI, molto numerose, che quando sono interessate all’innovazione faticano a trovare canali tradizionali di finanziamento.
Il settore è relativamente giovane: le operazioni di lending (prestiti) online sono iniziate nel 2011, quelle relative all’equity (acquisto di azioni o quote societarie), nel 2012. Uno dei principali punti critici, è rappresentato dalla scarsa abitudine a investire in attività private (come le imprese) sia da parte dei risparmiatori, sia da parte degli investitori professionali (questi ultimi registrano volumi sotto i 100mila euro annui). Il settore in cui si registrano le maggiori attività è legato alle attività culturali: editoria, mostre, cinema e spettacolo. La difficoltà di ottenere finanziamenti attraverso il normale canale bancario, rappresenta uno dei driver di stimolo individuati per focalizzare maggiormente l’attenzione sul crowdfunding e sul settore fintech. Un altro fattore interessante è rappresentato da nuove piattaforme di lending crowdfunding autorizzate, che potrebbero apportare nuove risorse al mercato.
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